cop21

La conferenza internazionale sul clima che si è svolta a Parigi dal 30 Novembre all’ 11 Dicembre non partiva certo con le premesse più rosee. Parigi era stata da poco martoriata dai feroci attacchi terroristici che tutti ricordiamo, e l’idea che la capitale francese dovesse ospitare la Cop21, con tutti i paesi e le autorità coinvolte poteva essere molto pericoloso, tant’è vero che si è pensato più volte di annullare la conferenza. Ma per fortuna così non è stato, e tra i 195 paesi intervenuti si è anche giunti ad un accordo, sicuramente auspicabile ma non del tutto scontato.

Il punto da cui si è partiti è che la temperatura sulla Terra non deve aumentare oltre i 2°C, meglio se 1,5°. Ma come raggiungere questo risultato? Se si pensa che nell’era post industriale la temperatura è già aumentata di un grado, l’obiettivo è difficile da raggiungere. Il punto centrale dell’accordo è basato su documenti prodotti dai singoli paesi partecipanti chiamati INDC, Intended Nationally Determined Contributions, ovvero le intenzioni a ridurre le emissioni di gas serra inviate dai paesi prima di partecipare alla conferenza. Ma il primo limite è subito evidente: non c’è nessun obbligo per gli Stati a mantenere la parola data.

L’accordo prevede che vengano destinati 100 miliardi di dollari ai paesi in via di sviluppo da qui al 2020 e la revisione ogni 5 anni dei tagli di emissioni nocive da parte degli stati membri.

I protagonisti del Cop21 hanno già definito l’accordo raggiunto sul clima di livello storico. Noi siamo sicuri che un passo avanti è stato fatto, ma c’è ancora molto da lavorare per consegnare ai nostri figli un pianeta ancora vivo.