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L’IceBucketChallenge, la campagna contro la SLA, è diventata virale in pochissimi giorni.

L’idea è partita dall’America, ma anche in Italia sono tantissimi – soprattutto i personaggi famosi – coloro che si sono sottoposti alla cosiddetta “secchiata di acqua ghiacciata” per sostenere l’AISLA, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiorfica.

A quest’appello non poteva certamente mancare Massimo Mauro, attuale presidente di AISLA, nominato da Gianluigi Buffon.

Massimo Mauro è stato un calciatore, dirigente sportivo e politico e, successivamente, insieme a Gianluca Vialli, il fondatore della “Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus“. Nel 2008, inoltre, insieme a Fondazione Cariplo e Telethon, fonda AriSLA, Fondazione Italiana per la Ricerca sulla SLA.

Su Blog di Lifestyle l’intervista a Massimo Mauro, per sapere qualcosa di più su questa associazione e sulla nuova campagna che sta facendo il giro del web.

Dopo la sua carriera di calciatore, di dirigente sportivo e di politico, cosa l’ha spinto a fondare insieme a Gianluca Vialli, la “Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus”?
Ci può spiegare bene di che cosa si occupa?

Adesso siamo all’undicesimo anno di attività ed è una pura e semplice raccolta fondi per finanziare la ricerca sulla SLA. Ci ha spinto la voglia di fare qualcosa di importante che fosse completamente diverso dalla vita che avevamo fatto fino a quel momento e ci sembrava giusto scegliere la ricerca sulla SLA perché, in quel momento, era una malattia considerata la malattia dei calciatori e invece noi volevamo far vedere che i calciatori, diciamo intelligenti, non avevano nessuna remura a finanziare una malattia che era stata accostata addirittura al doping.

E poi è un mondo che a me è piaciuto moltissimo perché, per spendere bene i soldi che raccoglievamo, era doveroso conoscere il mondo di riferimento, sia dell’assistenza sia dei ricercatori, e allora io mi sono messo a frequentare questo mondo e, addirittura insieme a Telethon e Fondazione Cariplo – associazione degli ammalati di SLA -, abbiamo fondato un’agenzia di ricerca.
Quindi meglio di così non potevamo fare: io sono sicuro che i soldi che raccogliamo vanno alla ricerca d’eccellenza.

Sappiamo che lei ora è presidente dell’AISLA. Ci può parlare di questa associazione e darci qualche informazione in più sulla malattia che, come sappiamo, in Italia coinvolge circa 6000 persone?
Sa dirci a che punto è la ricerca?

L’associazione è al trentunesimo anno di attività. Si occupa principalmente di assistenza e di ricerca ma, soprattutto, o meglio, anche dei rapporti istituzionali, quindi con il governo, con le regioni, con i comuni, per far sì che si risolvano le difficoltà che ci sono per arrivare a casa degli ammalati.
I provvedimenti, anche giusti, che sono presi dai governi e dalle regioni non sono sempre così semplici e quindi AISLA accompagna le famiglie e gli ammalati rispetto a queste problematiche.
Poi anche AISLA è socio fondatore dell’agenzia di ricerca sulla SLA in Italia e, quindi, siamo impegnatissimi su quel versante. E poi, quotidianamente, siamo nelle case degli ammalati di SLA.

Da qualche giorno è iniziata questa nuova campagna virale chiamata “IceBucketChallenge”, che sta facendo il giro del mondo, cosa ne pensa?

Sono invidioso di questa campagna, di non avere avuto l’idea io o i miei collaboratori o tutte le persone che lavorano per AISLA perché è una campagna straordinaria.
Un’idea semplice che ha coinvolto tutto il mondo, che ha grande merito sia della raccolta fondi – che in America è stata straordinaria e che in Italia speriamo diventi buona – sia della sensibilizzazione.
Adesso credo che saranno poche le persone che non conoscono o che non sentano l’esigenza di finanziare la ricerca sulla SLA. Quindi questa campagna ci ha dato veramente una grande mano.

Qual è realmente l’obiettivo di IceBucketChallenge?

L’unica speranza che hanno gli ammalati di SLA è sapere che i fondi non mancano perché è una malattia che non ha cura, non ha un farmaco, non ha niente, ha soltanto l’amore dei propri familiari e la professionalità delle persone che stanno accanto agli ammalati di SLA.
Tutti quelli che incontriamo ci chiedono a che punto è la ricerca e, purtroppo, non abbiamo mai potuto dire che c’è un farmaco che si sta sperimentando che ci dà speranza e, quindi, l’unica cosa è sapere che non mancano i fondi ai ricercatori per continuare a sbagliare e per, prima o poi, trovare il farmaco giusto.

Questa nuova campagna, che è iniziata in America ed è arrivata fino a noi, ha come principale mezzo di comunicazione i social network. Quanto possono essere utili per far conoscere meglio questa associazione e la malattia in generale?

I social network sono utilissimi tanto è vero che i primi due testimonial, se così li possiamo chiamare, sono stati Zuckerberg e Bill Gates, che li potremmo definire padroni della rete.
E quindi è chiaro che i social network sono straordinariamente importanti per far sì che una grande idea – perché è da sottolineare questo, che è l’idea che è semplice, facile, non crea problemi a nessuno, è divertente ed è questo che ha fatto funzionare i social network a cassa di risonanza e quindi è diventata un divertimento per tutto il mondo – possa essere conosciuta meglio.

È stato utilissimo per far conoscere la malattia, sarà molto più semplice per noi adesso, sarà più facile perché adesso magari gli amministratori delegati delle aziende conosceranno un po’ di più di cosa parliamo e quindi avremmo meno difficoltà ad approciare le aziende.

Quando finirà la campagna sì riuscirà a mantenere viva l’attenzione sulla malattia? In che modo?

Questo è un po’ complicato, in Italia soprattutto, e in tutto il mondo, perché se non c’è qualcosa di eclatante, come i calciatori o qualche nome famoso, purtroppo i 6000 ammalati di SLA in Italia vengono abbandonati da questo punto di vista.
Io credo che faccia parte delle cose della vita, però bisognerebbe convincere il mondo delle istituzioni che garantire l’assistenza 24 ore su 24 e far sì che ci sia del personale che sa cosa fare e quindi professionalmente capace, sia un dovere delle istituzioni e un diritto degli ammalati di SLA.