Stando a uno studio pubblicato ultimamente sull’American Journal of Clinical Nutrition, l’acido grasso Omega-3 sarebbe più facile da assimilare attraverso il consumo di vegetali che non mediante l’assunzione di prodotti ittici: ne deriva pertanto che vegetariani e vegani ricaverebbero gli acidi grassi omega-3 a lunga catena tipici del pesce dagli acidi grassi omega-3 vegetali, senza alcun bisogno di inserire nelle proprie diete piatti a base di pesce. Si tratta, ad ogni modo, di sostanze indispensabili al regolare funzionamento del metabolismo, che quindi bisogna premurarsi di introdurre all’interno del proprio organismo: già da un po’ a questa parte si era a conoscenza del fatto che gli omega-3 si trovassero con più facilità in fonti di tipo vegetale, quali noci, semi di lino e olio di semi di lino, di quanto non accada in fonti di tipo ittico, in cui la concentrazione di acidi grassi è minore di quanto si pensi abitualmente.

Lo studio, realizzato dal Dottor Welch e dal suo team, ha definitivamente confermato quanto la fonte primaria degli acidi grassi omega-3 sia appunto quella vegetale: analizzando 14.422 tra uomini e donne di età compresa tra 39 e i 78 anni nell’ambito dell’indagine medica “EPIC” (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) e selezionando successivamente i 4.902 soggetti a cui erano stati misurati i livelli plasmatici degli acidi polinsaturi omega-3 e omega-6, è stato messo in luce come l’acido alfa-linoleico “ala” (precursore degli acidi grassi omega-3 a lunga catena) immesso nell’organismo viene metabolizzato e convertito in acido icosapentaenoico e in acido docosaesaenoico, entrambi coinvolti nella formazione delle membrane cellulari, nello sviluppo e nel funzionamento del cervello, nel rilascio di eicosanoidi (regolatori della pressione sanguigna) ed altro ancora.

Mettendo a confronto vegani e vegetariani (che seguendo il loro regime alimentare avrebbero dovuto ingerire minori dosi di omega-3) e quanti consumano abitualmente pesce in abbondanza, i livelli di acido icosapentaenoico e di acido docosaesaenoico si sono rivelati praticamente identici negli uni e negli altri. Da qui, quella che i ricercatori hanno definito una “efficienza di conversione” in acidi grassi omega-3 a lunga catena, maggiore nei vegetariani e nei vegani rispetto ai consumatori di pesce. Un risultato significativo, se si considera che l’EPIC costituisce lo studio su popolazione più ampio condotto relativamente ai livelli di ALA e alla conversione in acido icosapentaenoico e in acido docosaesaenoico. Dati che insomma, se supportati da studi ulteriori, potrebbero incidere notevolmente sulle misure da prendere in fatto di Salute pubblica, andando a contribuire anche alla tutela delle specie ittiche in via d’estinzione.