Scrollare, postare, commentare, mettere “mi piace”: tra Facebook, Twitter e compagnia “social” sono almeno un paio d’ore al giorno quelle che se vanno davanti al computer. Le conseguenze? Sicuramente non sono tra le più promettenti, soprattutto in fatto di linguaggio e di ottimizzazione dei tempi: ecco in quali si incorre più facilmente

L’assuefazione

Una percentuale che oscilla tra il 5 e il 10% degli utenti social non è in grado di calcolare il tempo che trascorre sulla piattaforma in uso: dalle loro scansioni cerebrali è addirittura emerso che questi soggetti presentano un’alterazione della materia bianca nelle aree del cervello che presiedono ai sentimenti, all’attenzione e alla decisionalità. Sono esattamente gli stessi danni che riportano le persone che abusano di droghe: l’analogia sta, appunto, nel ricercare soddisfazione continua dagli stimoli forniti dai social media.

La distrazione

Sebbene si potrebbe credere che i social ci portino a gestire facilmente una pluralità di attività allo stesso tempo, destreggiandoci per esempio tra una conversazione su Facebook, una condivisione su Twitter e un’email, è stato riscontrato che chi fa abuso di social media perde gradualmente la capacità di passare da un’attività all’altra, perché più distratto e meno propenso a registrare le notizie apprese nella propria memoria.

Le “vibro-allucinazioni”

A quanti sarà capitato? Essere certi di aver sentito una vibrazione da notifica, che in realtà non c’è stata affatto: stando a una recente ricerca, almeno l’89% dei soggetti esaminati ha dichiarato di provare quest’impressione una volta ogni due settimane. Una pseudo-allucinazione derivante dal fatto che, grazie a smartphone e tablet, i social sono praticamente sempre con noi: un’onnipresenza che li rende percepibili dal nostro cervello come arti aggiuntivi, andando ad alterare la nostra percezione tattile.

L’auto-referenzialità

Alcuni studi più approfonditi hanno messo in luce che il rilascio di dopamina aumenta quando, nel corso di una conversazione telematica, invece di ascoltare l’altro parliamo di noi: nelle conversazioni viva vox, del resto, non facciamo riferimento a noi stessi che nel 30-40% dei casi, mentre su Facebook è tutto auto-riferito nell’80% di quel che pubblichiamo.

I rapporti

Proprio perché passiamo molto tempo su internet, alcune ricerche hanno dimostrato che i rapporti nati sul web non sono così insulsi come si era pensato. Uno studio degli esperti dell’Università di Chicago ha dimostrato che le relazioni fiorite online possono rivelarsi persino più solide di quelle nate dal vivo. La ragione? Probabilmente la possibilità di conoscersi meglio, circa interessi e propensioni, prima di guardarsi negli occhi.