Sembra davvero non esserci scampo. Dai tatuaggi alle preferenze letterarie, dal modo di portare la barba agli accessori indossati, dagli acquisti musicali alle inclinazioni artistiche, tutti gli usi e costumi degli Hipster stanno mettendo a dura prova il nostro stile di vita: avere anche soltanto una passione in comune con loro, ci fa infatti sentire profondamente a disagio.
Persino la denominazione del fenomeno Hipster è fuorviante: nato come neologismo negli anni ’40, il termine designava originariamente gli amanti della musica hot jazz e bepop – accezione che non mancò di ampliarsi a partire dal secondo dopoguerra, con l’avvento di movimenti letterari (quali la Beat Generation) che utilizzarono la parola Hipster per indicare l’emergente movimento di esistenzialisti americani dall’atteggiamento conflittuale nei confronti della società conformista.

All’oggi, definizioni del genere sono ormai anacronistiche: a dimostrarlo sono interi quartieri di città europee come Londra, Parigi, Berlino o Roma, ormai capillarmente colonizzati dai nuovi Hipster, che di anticonformista non hanno proprio più nulla. Tra le impegnative letture ostentate al tavolino del bar, le lunghissime e incolte barbe (ormai immancabile segno di riconoscimento), gli accessori rigorosamente vintage (tra cui i most wanted sono senz’altro gli occhiali con montatura doppia, modello Wayfarer), gli Hipster non rappresentano che una moda passeggera come un’altra.

L’ennesimo culto dell’apparire, insomma, che però va a sostanziarsi di passioni da cui noi insignificanti persone comuni, non affette da manie di protagonismo, siamo invece sinceramente animate: l’acquisto di dischi in vinile nei mercatini, l’ascolto di musica Indie, la (economicamente) sofferta arte della fotografia, la cinefilia estrema, ma anche il fumo o addirittura la nullafacenza sono ormai tutti tratti caratteristici dell’Hipster medio, che ha fatto della profondità delle cose umane il proprio abito scadente – da sfilare immediatamente non appena sarà in voga qualche altra falsità con cui colmare la voragine della propria non-personalità.