Bere un caffè e pagarne due era pratica comune nei bar della Napoli ottocentesca: un’offerta indice di grande umanità nei confronti degli indigenti che potevano beneficiarne chiedendo al barista se, appunto, non ci fosse un caffè lasciato “in sospeso” da consumare. Il benefattore e il destinatario del suo gesto di solidarietà rimanevano ignoti l’uno all’altro, l’unico anello di congiunzione tra i due non essendo costituito che dalla lealtà di chi serviva al banco.

L’antica pratica, che col boom economico finì per perdersi, ha pian piano ripreso vita in questi tempi di grande crisi e dal 2011 viene addirittura gestita tramite una vera e propria Rete del caffè sospeso, che comprende più di ottanta bar e locali e venti associazioni dislocate lungo tutto lo Stivale, da Trieste a Lampedusa. Ben presto, però, il sospeso partenopeo ha preso anche altre forme: in primis in alcune zone del Sud, dove si è esteso a quelle salumerie di quartiere in cui si assiste al fenomeno della “spesa sospesa”, con cui il cliente lascia un resto (dai 3 ai 5 euro) al proprio salumiere perché siano devoluti in spese per famiglie in difficoltà.

L’aiuto concreto che si può ottenere mediante una serie di piccoli contributi personali ha spinto anche la Coldiretti Lombardia e il Banco Alimentare a lanciare un progetto ufficiale di Spesa sospesa: per 12 mesi, a partire dal 13 dicembre 2013 è, infatti, possibile – nelle botteghe di Campagna amica di Coldiretti e nei Farmers’ Market della Regione Lombardia – lasciare 3 euro in aggiunta alla propria spesa, una sottoscrizione grazie alla quale il Banco Alimentare consegna a chi ne ha bisogno una borsa con pasta, salsa di pomodoro e uova. Da allora, l’iniziativa – presentata inizialmente presso la bottega agricola in corso San Gottardo 41 a Milano – ha riscontrato una buona adesione, permettendo così la consegna di 150 piccole spese.

E, ancora: è da marzo che si è diffuso anche il “pane in attesa”, che in meno di un mese dal panificio Spiga d’Oro di Messina ha raggiunto Trento, passando per Napoli e Lecce, grazie all’associazione culturale Amici della Città. Così, chi acquista del pane può lasciare un contributo a piacere in un contenitore appoggiato sul bancone: non appena si raggiunge la cifra necessaria all’acquisto di cinque panini, viene preparata una confezione che dei volontari si premureranno di consegnare direttamente ai bisognosi.

Ma il “sospeso” non si è fermato all’Italia, sbarcando anche in Francia: dall’anno scorso i locali di Rouen, in particolare, hanno fatto propria la pratica del “café en attente”, col notevole risultato che alla fine del 2013 soltanto l’attività de “La zèbre à pois” ha registrato la donazione di oltre 200 caffè. E il mutualismo in terra d’Oltralpe non poteva certo privarsi della “baguette en attente”: nata grazie a due panettieri di Puy-de-Dôme, l’iniziativa si è diffusa a macchia d’olio nell’arco di neanche un anno, raggiungendo persino le boulangerie parigine. In Francia, però, non si “sospendono” solo caffè e pane: numerosi sono, infatti, i locali di ristorazione dove è possibile lasciare interi pasti pagati a chi non può permetterseli.

Dal caffè al pane o dalla spesa al pranzo, o persino ai libri, il “sospeso” è senz’altro un’iniziativa che rincuora per la fortissima propensione al mutualismo che si è registrata: eppure, si tratta di un espediente la cui diffusione va a sottolineare quanto le condizioni di vita del nostro Paese stiano peggiorando. Si stima, infatti, che dal 2010 al 2013 le persone rivoltesi alle mense per i poveri siano aumentate di quasi un migliaio (da 260.000 a 330.000) e che siano più di 18 milioni gli italiani a rischio di povertà e di esclusione sociale (il 29,9% della popolazione complessiva): dei dati che – questi no – non si possono “sospendere”.