Leggere Harry Potter ai bambini è terapeutico. Fa bene alla salute di grandi e – soprattutto – piccini ed è davvero importantissimo per la crescita dei piccoli. É quanto hanno dimostrato alcuni ricercatori dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia: gli esperti hanno infatti analizzato i comportamenti di alcuni soggetti e hanno notato che leggere Harry Potter fin da bambini aiuta a ridurre i pregiudizi.

La ricerca è stata portata avanti insieme ai colleghi dell’Università di Greenwich ed è stato ripreso anche dal New York Magazine: leggere la grande saga di J.K. Rowling aiuterebbe i bimbi ad essere più empatici.

In particolare, i benefici della lettura sarebbero quelli di avere meno pregiudizi verso immigrati, omosessuali e rifugiati. Insomma, più tolleranza, fratellanza e spirito di gruppo. Nessuna discriminazione e mentalità molto più aperta nei confronti dell’altro e del “diverso”.
I bambini che, al contrario, non avevano mai letto i libri di Harry Potter mostravano una sorta di allontanamento e rifiuto nei confronti di questi oggetti.

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Applied Social Psychology e condotto, nello specifico, dai professori Dino Giovannini ed Loris Vezzali del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane, insieme ad altri studiosi delle Università di Greenwich, Padova e Verona. La sensibilità riportata dai bimbi presi in “esame” ha dimostrato come davvero la saga sia da considerare terapeutica e pedagogica. É stato inoltre dimostrato che anche chi aveva manifestato razzismo e xenofobia dopo la lettura ha completamente cambiato il suo modo di approcciarsi alla realtà, riducendo o annullando i propri pregiudizi.

“Queste ricerche oltre a fornire un contributo teorico rilevante alla ricerca internazionale, permettono di identificare strategie di intervento nelle scuole di facile applicazione, non costose e piacevoli per bambini e ragazzi”, ha dichiara il professor Dino Giovannini.

“La lettura di queste storie dovrebbe ridurre il pregiudizio perché il protagonista, Harry Potter, ha rapporti positivi con personaggi appartenenti a categorie sociali stigmatizzate: sebbene questi personaggi siano fantastici, essi sono umanizzati dall’autrice, in modo che le persone possano associarli a categorie reali, quali appunto immigrati, rifugiati, omosessuali”, ha aggiunto in fine il professor Loris Vezzali.