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Gli aeroporti mi sono sempre piaciuti. Con tutta la gente che torna e che parte ma che quasi vuole restare, che un po’ si dispera, che gioisce, che avanza lungo i corridoi con gli occhietti brillanti, coi sorrisi evidenti, che aspetta, che è impaziente, che non ce la fa più ad aver bevuto il quarto caffè della giornata quando ancora è mattina presto, che vuole riabbracciare qualcuno, che ha la famiglia in un altro continente, che saluta con la manina triste al di là del metal detector chi è rimasto al di qua, che parla al telefono, che ha la borsa da lavoro in mano, che guarda continuamente l’ora. I bambini che giocano coi carrelli e le mamme che li rincorrono. Mille voci, o forse una sola, sempre la stessa. Il profumo degli aeroporti ci ricorda quello di casa nostra, anche solo per un po’. Avevo sei anni quando presi per la prima volta un aereo, fu amore a prima vista. Capii che viaggiare era la parte di vita che mi piaceva di più.

Il mio volo più lungo fu quello per il Kenya, 12 ore sospesa in aria. Avevo 9 anni. Ero sicura, viaggiare mi avrebbe cambiato la vita. Attraversare i fusi orari e volare per i cieli dei Paesi più lontani, è una ventata di aria fresca, è ossigeno puro. Parto ogni volta che posso, mi sveglio una mattina e decido che è arrivato il momento di prenotare un biglietto. Viaggiare è il mio primo bisogno in una vita degna di essere chiamata così. Perché fuori dallo sportello dell’aereo e dai nostri salotti con il camino, il Mondo è bello, è bello assai. Trovare in mezzo a tutto questo inferno del Mondo il non inferno e dargli spazio e farlo durare, ecco perché viaggio. Non per scappare, ma per saper vivere.

Perciò chi si fa saltare in aria in aeroporto è il più grande ladro di vita. Se ti stai chiedendo se la tua vita vale alcune orribili cinture esplosive, la risposta è no. Perciò non farti frenare dalla paura. Non pensare che la cosa migliore sia rispondere con altro odio. Quello va proprio combattuto. Non pensare che una bomba atomica su tutto il Medio Oriente possa porre fine alle guerre in nome di una Dio che le guerre le rifiuta. Perché basta scegliere il “male minore”, è minore sì, ma è sempre un male. L’unico modo per rispondere con forza a questa voglia di toglierci la democratica libertà è salire su un aereo e innamorarci di quello che loro stanno distruggendo. Se la vita umana vale una cintura esplosiva è perché l’uomo ha fallito. Ma se anche sembra la fine, non è detto che sia così.

Se ti rubano la libertà di vivere tu prendi un aereo e viaggia tutto il Mondo per riprenderla. La vita è la tua, prendila in mano e custodiscila. Svegliati, cammina, corri, vola. Non avere paura, abbi coraggio, stringi i denti. Non dico che sarà facile, perché non sarà così. Sarà difficile, ogni giorno di più, vivere in questo Mondo. Ma non serve lamentarsi. Questa è la vita che ci siamo meritati. Sii forte e viaggia, scopri, emozionati ancora. Non temere. Non fare in modo che qualche mente deviata butti la tua vita in un sacco nero dell’indifferenziato. Tu fai la differenza. Non avere muri, solo orizzonti. Quattordici metri quadrati di vita della tua stanza non sono abbastanza, tu vali di più.

Se hai comprato un biglietto e tra tre settimane devi partire, parti, senza esitazione. Non fare in modo che gli attentati delle Torri Gemelle, di Londra, di Madrid, di Parigi, di Ankara, di Bruxelles, siano un impedimento alla tua voglia di scoprire e festeggiare. Non pensare troppo, non incatenare la tua libertà di agire. Se hai un biglietto per Istanbul parti e sì, lo so che sembra assurdo prendere un aereo e rischiare di morire, ma tu non morirai. Non smettere di sognare, la tua vita vale molto di più. E se stai pensando che poi partire non ti entusiasmi poi così tanto e che restare lì dove sei sarà bello lo stesso, torna indietro sui tuoi passi. Sai che viaggiare ti fa sentire meglio. Se ti rubano la libertà non aspettare, prendi un aereo e va’ a riprenderla.

L’anno scorso lessi il mio “quasi ultimo” libro di Oriana Fallaci, nel senso che li avevo letti più o meno tutti. Erano i giorni dopo l’attentato a Charlie Hebdo. Nelle librerie scintillava con la fascetta distintiva “La rabbia e l’orgoglio” scritto dopo l’attentato alle Torri Gemelle, quando la prima inviata di guerra donna vedeva minata la propria casa sicura: l’America. Lo comprai, dopo averlo visto tra le mani arrabbiate di uomini indignati. Volevo capire perché ce l’avessero così tanto con noi. Volevo capire quali fossero le ragioni di questo odio profondo. Lo lessi, ma non riuscii a capirlo. Cercai di comprendere le motivazioni della sua rabbia aggressiva, mi sforzai, ma era troppo. Una guerra di religione la trovavo proprio inaccettabile.

La rabbia, però, è molto umana, cercare di capirla anche. In questo momento sei arrabbiato anche tu , le tue gambe si fanno avanti timorose. Se puoi evitare di prendere la metropolitana lo fai volentieri. Se puoi evitare di passare in luoghi troppi affollati, scegli le vie secondarie. Questa vita non fa per te, piano piano ti stai arrendendo. E inizi ad andare d’accordo con chi dice di sgomberare i quartieri arabi dalle grandi città perché il problema sono anche loro. Ma no, in fondo lo sai che la guerra di chi si fa saltare in aria non ha religione. Non è una lotta all’Islam. Non si tratta di sguardi di disprezzo alle donne con l’hijab. Non è una gara a chi si allontana di più dalla tanto temuta “diversità”.

Il paradiso non ha proprio l’aspetto dei territori occidentali così come l’inferno non sembra essere simile ai Paesi che seguono il Corano. Chi mina la nostra libertà non ha colore, se non il nero. Il buio delle esplosioni che causano, loro ce l’hanno dentro. Cercare di capire la rabbia, l’ho detto, è molto umano. A volte, però, è semplicemente impossibile. Non ti sto chiedendo di perdonare le assenti coscienze di chi toglie la vita, ti sto chiedendo di reagire.

Se ti rubano la libertà tu prendi un aereo e va’ a riprenderla. Non permettere e nessuno di legare le ali che ti sei costruito con la fatica. Quando la vita ti dà la possibilità di essere libero, tu accoglila a braccia aperte. È il sentimento di una rinascita che ti capita infinte volte, infinte volte muori e infinite volte nasci di nuovo. Siamo noi che scriviamo la nostra storia, che vita sarebbe se fossimo bloccati coi piedi piantati a terra? Alzati e urla, grida al Mondo che sei pronto a combattere per riprendere ciò che qualcuno ti ha ingiustamente tolto. Sii un gladiatore degno di quest’arena. Prendi un biglietto aereo e decolla, librati in aria, sii felice, non smettere mai di sognare. Nessuno ti chiede di non avere paura. Fai solo in modo che la paura non ti impedisca di vivere. Vai avanti, non fermarti, dietro l’angolo non ci sono morti e feriti, c’è la vita, ci sono delle sorprese, c’è l’amore. Devi salire su un aereo anche per quelle vite non vissute, spezzate troppo in fretta.

Se ti rubano la libertà sali su un aereo e va’ a riprenderla. Non smettere di prenotare quei biglietti last minute per festeggiare la fine della sessione invernale o l’esame di maturità. Non smettere di comprare i biglietti per i concerti del tuo cantante preferito perché ai telegiornali passa la notizia che l’FBI ha invitato gli Americani a non viaggiare in Europa per il pericolo di nuovi attentati e tu proprio non ti senti al sicuro in un luogo affollato. Non arrivare tardi a lezione perché preferisci andare a piedi piuttosto che in tram o in metro perché qualche pazzo furioso potrebbe far saltare il vagone in cui sei tu, con lo zainetto in spalla. Non privarti dello zoo di Berlino o della Hollywood Walk of Fame. Non avere paura della turbolenza in volo. Parti. Senti l’adrenalina dell’accelerata iniziale dei motori prima del decollo. Arrendersi è molto peggio che morire.

Ogni viaggio che farai ti leverà di dosso il velo della cupa ignoranza, per cui fallo, viaggia. Loro ci vogliono così, ignoranti e zitti. Tu invece conosci e parla, anzi, urla. Impara a conoscere il valore della sostanza e la bruttezza dell’apparenza. Allaccia le cinture di sicurezza e vedi dal finestrino dell’aereo il tiepido sole sorgere in un’alba di un qualsiasi giorno d’aprile. Fai le foto durante i viaggi fantastici. Permetti a qualcuno di scrivere una strabiliante postfazione al libro della tua vita. Sii provocatore del destino, osa, fai il check-in e avverti nelle vene il frizzante piacere dell’essere finalmente liberi.

Se ti rubano la libertà tu prendi un aereo e va’ a riprenderla.