J Japanese Restaurant

Venti anni fa non avremmo mai scommesso sulla cucina orientale; noi italiani, così amanti della pizza e della pasta alla Norma, avremmo mai potuto immaginare di diventare amanti del sushi? Assolutamente no, ma i dati parlano chiaro: Milano, Firenze, Roma e Napoli sono città piene di ristoranti giapponesi, i quali continuano a spuntare come funghi, ognuno con il suo concept.
C’è chi ama il sushi tradizionale (difficile da trovare), chi preferisce piatti fusion e infine chi ama alla follia il tipo ‘brasiliano’, ovvero quello molto più colorato ed esotico di tutti, sia per quanto riguarda gli ingredienti che i sapori. Ma quali sono i motivi per cui siamo letteralmente impazziti per la cucina giapponese?

Fa figo

In una società dove tutti sono alla perpetua ricerca dell’esclusività, il sushi rappresenta una scelta che esprime un concetto chiave: ‘mangio una cosa che non è alla portata di tutti e spendo molti soldi per farlo‘. Una cena a base di sushi di qualità accettabile costa la media 40 euro a persona (ovviamente se non siete come me che mangio anche le bacchette). Va da se che il suo prezzo esclude una considerevole fetta di popolazione, attenta allo spreco e impegnata ad arrivare a fine mese.
Mangiare sushi è quasi uno stile di vita, una azione che identifica chi la compie classificandone il consumatore, il quale è aperto alle nuove esperienze e ha qualche spicciolo in più da spendere.

È leggero

Questa affermazione è vera in parte perché non tutto il sushi che siamo abituati a mangiare è davvero light. Certo, in un ristorante giapponese si può mantenere comunque la linea ordinando soltanto sashimi e rolls a base di pesce crudo. Se invece siete amanti del fritto e della salsa teriaki (non la soia, ma quella dolce e un po’ densa) dovete sapere che state facendo il pieno di calorie. Naturalmente andare a mangiare sushi mette d’accordo un po’ tutti: chi è a ‘regime protetto’ può comunque ordinare qualcosa di delizioso senza ‘sgarrare’ come quando si va al pub, dove di solito la nuova fidanzata del nostro amico fa storie perché è a dieta.

È buono (per davvero)

Non vi fate ingannare dai conservatori bisbetici (ovvero quelli che ancora non hanno provato le gioie del sushi) e dai loro tentativi di allontanarvi dalla ciotolina della soia: perdonateli, non sanno quello che fanno (e che dicono). Ho convertito almeno 50 persone di mia conoscenza alla cucina giapponese; persino mio padre, che è un napoletano DOC completamente devoto alla nostra cucina, ha apprezzato rolls e cruditè. Sono del parere che sulle prime possa fare senso mangiare tutto quel pesce crudo, io stessa l’ho provato la prima volta con difficoltà (e disgusto) ripudiandolo per i successivi 3 anni. Ma in verità vi dico che dovete essere determinati a provarlo almeno 3 volte: vi assicuro che ne sarete rapiti.

Crea dipendenza (credo)

Io ho l’impressione che il sushi crei uno stato di dipendenza psicologico: mangiarlo con regolarità rende quasi doloroso rinunciare a qualche sessione al ristorante. Chi mangia sushi una volta a settimana non riesce a evitare questo appuntamento nemmeno per una sola volta, anche in presenza di eventi di forza maggiore. Conosco persone che hanno un appuntamento fisso con il sushi e che dichiarano: ‘Non riesco a farne a meno, mi sembra quasi di andare in astinenza!’. Ed è vero: ve lo confermo io stessa.

Sta bene in foto

Conoscete dei cibi che stanno bene in foto come il sushi? Personalmente no. Le sue linee perfette, le forme geometriche, i colori, le guarnizioni: solo un angelo di Victoria’s Secret è più fotogenico del sushi. Senza considerare il fatto che fotografarlo è davvero un piacere: provate a condividere la foto di un piatto di sushi e contate i like che riesce a raggiungere. Tanti vero? Ve l’ho detto che gli italiani ne sono letteralmente innamorati.