Bob e Juanita Wellington ricordano perfettamente il viaggio fatto l’anno scorso in Sud America: la coppia di settuagenari, all’epoca, s’imbarcò su di una crociera la cui tratta andava dal Cile al Brasile, fermandosi in svariate città lungo il percorso. Giunti in cima gigantesco al Cristo di Rio de Janeiro, “Stavamo lassù e guardavamo la città ai nostri piedi: era stupenda – ricorda Juanita, 74 anni – Ci è sempre piaciuto scoprire altre culture, diverse dalle nostre. Non c’è niente di meglio che conoscere aspetti culturali diversi dai propri“.

L’esperienza di allora fu importante e non solo perché la solida coppia di Washington riuscì a trascorrere una splendida vacanza, ma perché a Bob, di 76 anni, nel 2010 fu diagnosticato il morbo di Alzheimer: a partire da quel momento, entrambi decisero che la malattia non gli avrebbe impedito di viaggiare ancora.

Viaggiare con qualcuno affetto da forme di demenza è possibile, benché vi siano delle precauzioni particolari da prendere, chiarisce Monica Moreno, direttrice dell’Alzheimer’s Association, associazione no profit che regolarmente organizza viaggi per persone al primo stadio della malattia.

Le raccomandazioni della Moreno insistono, innanzitutto, sul fatto di essere ben organizzati e preparati: occorre fornire la persona affetta da Alzheimer di un itinerario dettagliato, anche se viaggia in compagnia. “Una delle cose più utili è avere a disposizione un itinerario di viaggio che specifichi dove bisogna essere, a che ora, qual è il numero del volo, il posto passeggero, in quale albergo si alloggerà e i contatti a cui richiedere informazioni in caso di emergenza“. Monica Moreno suggerisce, inoltre, di arrivare molto in anticipo rispetto all’orario di imbarco per i voli, muniti di una lettera di un medico che agevoli tutte le procedure a cui si va incontro quando si deve prendere un aereo. Una buona idea consiste nel chiamare in anticipo presso gli uffici delle linee aeree o degli aeroporti, così da potersi garantire un iter di imbarco senza preoccupazioni in agguato.

Di grande aiuto nel muoversi con una persona affetta da Alzheimer è anche impostare le giornate in maniera quanto più familiare è possibile, il che può risultare un po’ difficile quando si viaggia. “Il fatto di avere una routine funziona alla grande – dice la Moreno – Cercate di restare nello stesso hotel, di visitare posti che rievochino una certa familiarità e di fare, per quanto possibile, tutto quello che fate quotidianamente quando siete a casa vostra“. Ed è esattamente quello che i Wellington hanno fatto. “Un tempo andavamo avanti e indietro senza sosta per vedere quante più cose possibile, ma adesso mi siedo non appena mi accordo che lui si sta stancando: così, ci fermiamo, ci sediamo al tavolo di qualche caffè per riposarci o mangiare qualcosa, rilassandoci per un po’“, dice Juanita.

Bob, dal canto suo, riconosce che se entrambi sono in grado di viaggiare è solo grazie alle abilità organizzative della moglie. “Lavora tantissimo perché tutto sia pianificato nei minimi dettagli, tiene sotto controllo tutto quel che c’è da fare o da portare con noi. È una mole di lavoro incredibile che le è piombata addosso. Tutti i suoi sforzi significano davvero moltissimo per me” dice Bob, che aggiunge “Il suo impegno lenisce il mio stress, anche se di certo non giova a lei. Se tutto va per il verso giusto, so che lo devo a lei“.

Juanita, però, si rende conto che è anche difficile sapere fino a quando sarà ancora possibile viaggiare insieme:”È di cruciale importanza riconoscere il momento il cui sta avvenendo un cambiamento e prendere provvedimenti in merito“. Nel frattempo, i Wellington hanno già prenotato due vacanze per il prossimo anno: due crociere in Africa e nel Mediterraneo.

Viaggiare è stato per anni la nostra passione – conclude Juanita – In più, ho studiato Storia dell’Arte in passato: vorrei vedere di persona tutte le meraviglie che ho visto sui libri. Il nostro tempo e il nostro denaro, del resto, li abbiamo sempre impiegati così: viaggiando“. E così gli auguriamo di continuare a fare.