venerdì, 19 Aprile 2024

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Le biblioteche più belle del mondo (FOTO)

Quanto possono essere belle, magiche e misteriose le biblioteche? Nessuno è mai riuscito a dare una risposta vera e propria. Tra libri, scaffali, lampade e luci soffuse, odore di carta, scale, tappeti e scrivanie, le biblioteche sono avvolte da un’atmosfera imparagonabile, unica, meravigliosa. Hanno un segreto, questo è vero, e vivono in una realtà parallela. Sono luoghi incantati, immortalarli è quasi un crimine. Ce l’ha voluto spiegare un fotografo francese, Franck Bohbot, attraverso un bellissimo progetto chiamato “House of Books” in cui raccontare, attraverso delle semplici fotografie, quello che le biblioteche e le librerie possono rivelarci.

Attualmente vive a New York, ma Bohbot ha iniziato a lavorare alla serie “House of Books” già nel 2012. Ad oggi il fotografo-artista ha già visitato alcune delle più belle biblioteche, come la Bibliothèque Nationale de France, Biblioteca Angelica di Roma e la New York Public Library. Il progetto è ancora in corso, ma è già apparso su molti siti web di arte popolare.

Sono uniche, sono tutte da guardare, in silenzio, per non disturbare. Siamo pure sempre in una biblioteca!

Bibliothèque Nationale de France, Parigi

Bibliothèque National de France, Parigi

Bibliothèque Mazarine, Parigi

Bibliothèque Mazarine, Parigi

Biblioteca Angelica, Roma

Biblioteca Angelica, Roma

Boston Public Library, Boston

Boston Public Library, Boston

BNF Site François Mitterrand, Parigi

BNF Site François Mitterrand, Parigi

Bibliothèque Sainte Geneviève, Parigi

Bibliothèque Sainte Geneviève, Parigi

Bibliothèque interuniversitaire de la Sorbonne, Parigi

Bibliothèque interuniversitaire de la Sorbonne, Parigi
Bibliothèque interuniversitaire de la Sorbonne, Parigi

Biblioteca Vallicelliana, Roma

Biblioteca Vallicelliana, Roma
Biblioteca Vallicelliana, Roma

Anche in fabbrica Fiat a Melfi si balla Happy (VIDEO)

Si moltiplicano sul web i video contagiati dalle note di “Happy”, la canzone di Pharrell Williams. L’ultimo della serie è quello girato dagli operai dello stabilimento Fiat di Melfi, che sta spopolando sul web.

Ballano tra le linee di montaggio operai e amministrativi, direttore compreso. Il video realizzato dai dipendenti della casa automobilistica sulle note della famosa canzone, sembra quasi un inno alla felicità, con i dipendenti scatenati lungo la catena di montaggio.

In due giorni, il filmato ha avuto già 25 mila visualizzazioni, diventando immediatamente virale e scatenando critiche ed elogi. C’è chi apprezza l’iniziativa e lo spirito di squadra e di rinascita, commentando: “È stato un giorno di allegria che ha coinvolto tutti. Insieme dobbiamo rilanciare questa fabbrica. Basta con questa cappa di negatività. L’unico obiettivo del video è l’aggregazione“, e chi lo critica parlando di “pagliacciata“. Ecco alcuni dei post negativi: “Ma come mio marito si alza alle 4.30, in linea gli è vietato ascoltare musica e poi tutti ballano? Lì il lavoro è duro“. “Nel video solo capi, capetti e leccapiedi“, scrive un altro.

A Melfi si produce la Punto, e a partire dalla prossima estate produrrà la nuova Jeep Renegade e in autunno anche la 500X. Tutte ragioni per essere “happy” e per sperare nel completo riassorbimento della forza lavoro.

Cento secondi di simpatia e felicità pura, con decine di facce spesso imbarazzate, ma sempre sorridenti. Per Fiat, dopo anni di rotture e sconfitte con gli equilibrismi italiani, “Happy Melfi” rappresenta una novità rilevante. Un messaggio destinato a segnalare l’esistenza di una realtà “positiva” e coinvolgente, un segnale di sfida lungo il cammino della rinascita delle fabbriche italiane.

Chissà cosa ne penserà Marchionne. Per il momento è la rete ad esprimersi.

Chirurgia: labbra sfigurate dal silicone

www.fittips4life.com

Labbra più grandi? Niente paura: anche se Madre Natura non ve le ha fatte carnose come desideravate, c’è sempre il chirurgo plastico. Mi rendo conto che desiderarle XL possa essere legittimo, perché onestamente sono a tutti gli effetti più belle di quelle sottili, ma l’idea di farsi impiantare sostanze artificiali all’interno delle labbra mi pare davvero una follia.
Avete mai visto una donna con le labbra ritoccate che non sembri un abitante di Paperopoli? Io personalmente no e per indurvi ad accettare le vostre labbra sottili, vi racconterò una storia che non vi piacerà per niente.

Lo sapete che in Italia l’uso del silicone è vietato dal lontano 1992? Mi auguro di si. La cosa brutta è che alcuni personaggi, sulla carta a tutti gli effetti presenti nella categoria dei medici, sembrano utilizzare ancora questa sostanza vietata. Difficile crederlo vero? Eppure è davvero così solo che, a farne le spese, siamo sempre noi ‘consumatori’.
Giovanna Mele è una ragazza napoletana di 30 che, come tante altre, aveva il sogno di guardarsi allo specchio e vedersi con le labbra più gonfie. Per ottenere il risultato desiderato si era rivolta a uno dei medici più rinomati della sua città, in un periodo nel quale era poco più che ventenne. Qualche giorno dopo il trattamento la sua bocca cominciò a presentare dei granulomi e ben presto si scoprì che il chirurgo le aveva iniettato del silicone liquido.

Ciò che è capitato successivamente è alquanto prevedibile: dolore, infezioni e una serie di interventi riparatori per asportare la sostanza nociva. Secondo i sondaggi ogni anno centinaia di donne si rivolgono a chirurghi plastici per asportare le sostanze presenti nelle proprie labbra, pratica che spesso lascia cicatrici difficili eliminare.
Nel caso di Giovanna gli interventi sono stati molti e dolorosi: siete sicure di volervi sottoporre a un trattamento estetico delicato e di cui forse non avete nemmeno tanto bisogno? Ve lo dico io: no. Con gli stessi soldi prenotatevi un biglietto aereo.

Amore, devozione e paura verso l’autismo (FOTO)

photo credits: telegraph

L’uomo, per sua natura, è portato ad escludere sofferenze ed ostacoli quando immagina e sogna un futuro prossimo o imminente. Siamo soliti immaginare romantici quadretti familiari, figli che ci sorridono mentre pronunciano le prime parole, inondandoci il cuore di gioia. Come se l’immediata felicità fosse un diritto, come se il diverso non debba far parte della nostra vita, come se una felicità più dura, guadagnata e non stereotipata non sia felicità.

Per questo e per altri motivi, dare alla luce un figlio con problemi di autismo suscita pena, sconforto, tenerezza e paura. Suscita sguardi impietositi ma non volenterosi di capire, di aiutare, di sostenere davvero chi vive costantemente l’autismo.
L’autismo fa paura perché è latente, non si manifesta oppure esplode. Richiede amore, pazienza e molto spesso l’amore e la pazienza sono fonti limitate ed esauribili nei cuori di chi si professa umano.

In questa giornata, dedicata all’autismo è doveroso raccontare una storia: la storia di Jem e Noah, un padre ed un figlio.
Noah è nato in un ospedale a nord di Londra, il 16 luglio del 2000, un mese prima che finissero i 9 mesi di gravidanza. Da quel giorno di luglio, Noah fa dei lenti progressi: riesce a stare seduto a 6 mesi ed impara a camminare a 21 mesi. Parla poco, quasi per niente.

A marzo del 2003, dopo una visita da uno specialista, Jem e sua moglie Kate vengono informati sulla causa del lento apprendimento di Noah: l’autismo.
Nello stesso istante in cui Jem e Kate sono venuti a conoscenza di questo fatto, le loro menti erano piene di quesiti e domande: “Come farà Noah a capirci?” “Riusciremo a comprenderlo?” “Lo perderemo?”

Fortunatamente e nonostante le difficoltà, Noah è cresciuto: è diventato un adolescente brillante ed ha sviluppato una personalità forte. Chiede cibo in continuazione, non parla ed è capace di distruggere una stanza in meno di un minuto, ma la sua vulnerabilità e la sua innocenza hanno reso Jem ancora più devoto nei suoi confronti.
Jem e Noah hanno un rapporto speciale, si comprendono a vicenda e si amano come solo un genitore ed un figlio possono fare.

Un giorno, quando Noah aveva più o meno 5 anni, due bambine della sua età hanno chiesto a Jem perché Noah non riuscisse a parlare, in maniera presuntuosa. Jem non ha pensato due volte a rispondere a tono alle due bambine: “Noah parla solo con bambine davvero carine“.
In quel momento Jem dice di essersi sentito forte e protettivo nei confronti di suo figlio.

jeem

Adesso Noah vive in una scuola nel Berkshire, dove ha imparato ad essere più autosufficiente ed autonomo. Jem va a trovarlo ogni due settimane e insieme mangiano cotolette alla milanese. Per Jem è difficile e doloroso stare lontano da Noah, ma solo in questo modo suo figlio può convivere meglio con l’autismo ed imparare nuove cose.
L’unica cosa che distrugge davvero Jem è non avere la possibilità di far comprendere al massimo a Noah quanto lui lo ami e lo apprezzi.