giovedì, 25 Aprile 2024

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Titan imploso: disastro annunciato, era sperimentale

Non c’è più nessuna speranza per il Titan, gli aggiornamenti fanno capire che tutte le possibilità di ritrovare i 5 passeggeri vivi sono sfumate.

Ma la questione non si conclude certo qui, si è scoperto che si trattava di un disastro perfettamente evitabile. Vi spieghiamo perché.

Aggiornamenti sul Titan: ritrovati i resti, è imploso

Sono stati ritrovati alcuni detriti del mezzo, nei pressi del Titanic. I rottami fanno pensare ad un’implosione del Titan, che non avrebbe retto alla pressione. Non ci sono più speranze, i 5 passeggeri a bordo sono stati dichiarati morti.

I detriti sono stati scoperti da Rov della Horizon Arctic, un veicolo a comando remoto.

È stata chiarita la questione dei rumori che si sentivano, inizialmente si credeva che fossero i passeggeri che picchiavano sulle pareti ma è stato poi accertato che si trattasse di rumori del fondo del mare.

Titan imploso: disastro annunciato, era sperimentale

Si sono apprese, nelle ore successive al disastro, che il Titan era sperimentale e non era affatto sicuro.

L’azienda sapeva tutto, gli esperti di sommergibili avevano avvisato OceanGate nel 2018 mettendoli in guardia sui rischi dell’uso di quel mezzo.

David Lochridge, pilota di sottomarini e sommozzatore scozzese, aveva lavorato per OceanGate  proprio al Titan ed aveva diffuso le sue preoccupazioni per il fatto che fossero stati usati materiali scadenti e tecnologia non adeguata (il sottomarino era comandato da un gamepad) e soprattutto sul fatto che non ci fossero sistemi di sicurezza.

Lochridge sosteneva che il portello di osservazione era stato costruito per sostenere una pressione certificata di 1.300 metri e che quindi a 3.800 metri non sarebbe mai arrivato. E difatti è imploso.

OceanGate ha licenziato e denunciato Lochridge, ma ha anche fatto firmare una liberatoria ai passeggeri ormai morti perciò era perfettamente consapevole che Lochridge dicesse la verità.

Expo: i padiglioni in cui mangiare il miglior street food (FOTO)

Credit: turismo.it

Che si chiamino crepés in Francia o tortillas in Messico, le appetitose ricette proposte dagli ambulanti del mondo sono continuamente in crescita, al punto di essersi sviluppate in ogni angolo della terra.

Nel gergo comune si chiama street food, ma in realtà non è altro che il cuore di ogni cultura culinaria, con caratteristiche precise: è semplice, economico e realizzato con ingredienti locali.
E allora quale cornice più azzeccata per lo street food di Expo Milano 2015?

Vediamo i migliori.

Patatine fritte in doppia cottura – Padiglione del Belgio


Pensate che si tratti delle solite patatine fritte che fate anche a casa? Vi sbagliate.
Questo goloso street food – che è poi anche uno dei piatti più famosi del Belgio – è del tutto particolare per via della doppia cottura. La patatine sono tagliate a pezzi grossi, fritte, fatte raffreddare e fritte nuovamente una seconda volta. Il risultato finale? Un cartoccio di patatine fritte fumanti, perfettamente d’orate, croccanti all’esterno e morbide e carnose all’interno. Da provare con una delle tante salse.
Costo: 4€.

Mini pancakes – Padiglione dell’Olanda


Se siete amanti del dolce questa tappa è d’obbligo. I mini pancakes (preparati da alcuni giovani olandesi che stanno tutto il giorno sul loro furgoncino arancione a metà tra i decumano e il loro padiglione) sono diversi dai pancakes o dalle crepes tradizionali. L’impasto è lo stesso, ma la loro forma è piccola e tonda. Una spolverata di zucchero a velo, la farcitura che preferite – cioccolato, crema, panna o marmellate – ed è subito il paradiso.
Costo: 5€.

Il riso su stecco – Padiglione del Laos – Cluster del Riso


La gastronomia della Repubblica Popolare Democratica del Laos prevede come ingrediente principale il riso, praticamente sempre bollito e poi accompagnato con verdure, pesce, pollo, maiale o manzo. Il riso su stecco è una specialità: si tratta di riso, cotto a vapore senza aggiunta di erbe aromatiche, pressato fino a diventare un medaglione, messo su uno stecco di legno, passato nell’uovo e fritto. Un modo di mangiare il riso che non avete mai provato.
Costo 3€.

Barros Luco – Padiglione dei Cile


Si tratta di un piatto nazionale del Cile, cioè di un panino che prende il nome dall’ex presidente Ramón Barros Luco, amante di questo piatto fatto di carne, formaggio fuso e pane a base di zucca – pare ne mangiasse a volontà durante i pranzi al Palazzo Nazionale dei Congressi.
Il Barros Luco lo potete trovare solo a fine del percorso nel padiglione del Cile, quando vi imbatterete nella Tavola del Chile, dove potrete assaggiare anche tortillas, humita, stufati. Mettetevi in coda.
Costo 5-7€.

Los granos de mi tierra – vicino al Padiglione della Cina e vicino al Padiglione del Qatar


Si tratta di un furgoncino tra i due padiglioni appena citati, che offre grani antichi, saporiti e ricchi di proprietà nutritive. Sono presenti infatti la quinoa, il “grano degli Inca”, senza glutine e ricca di proteine e aminoacidi essenziali, l’amaranto, una pianta originaria dell’America centrale ricca di vitamine, sempre senza glutine, il riso selvaggio integrale, oppure il grano spezzato, un alimento costituito da grano duro germogliato, che subisce un particolare processo di lavorazione. Si tratta di cibo davvero particolare e difficilmente reperibile altrove; proprio per questo è da provare.
Costo: 8-10€

The Rolling star – vicino al Padiglione della Cina


Non sempre serve andare in ristoranti di super lusso per provare un piatto stellato. A Expo 2015, per esempio, basta avvicinarsi a un vecchio Citroen H, il furgoncino The Rolling star, dove a cucinare per voi ci sarà lo chef Felice Lo Basso, una stella Michelin al Ristorante Unico di Milano. Tra le specialità del take away potrete provare: panino a base di spalla di maiale, condita con salsa al rafano e mela; il panino ripieno con tartare di gamberetti in salsa rosa; e il panino vegetariano, cioè hamburger di verdure con l’aggiunta di peperoni e burrata. Invitanti, non trovate?
Costo: 8€.

Arepa de huevo – Padiglione della Colombia


Padiglione latino, cibo latino. Nel padiglione della Colombia è sempre presente un “menu del dia”, e le specialità da gustare sono principalmente: empanadas di carne a (costo: 6€) e arepa con mozzarella (costo: 5€). Ma la vera prelibatezza è l’arepa de huevo, una sorta di panzerotto di farina di mais riempito di carne al quale dopo la cottura viene aggiunto l’uovo e nuovamente passato alla piastra. Questo rende il piatto ancora più prelibato e gustoso. A provarlo, ne vorrete subito un altro.
Costo: 10€.

Nasi goreng – Padiglione dell’Indonesia


Si tratta di un tipico street food, quotidianamente presente in tutte le strade indonesiane. Nasi goreng significa riso fritto, la cui preparazione è: si la lessare o si cuoce a vapore il riso, poi si fa saltare nel wok, insieme a carne di pollo o manzo, verdure, gamberi e una frittatina di uova tagliata a striscioline. Ad accompagnare il tutto con l’ayam kalio, pollo condito con lemongrass e spezie successivamente cotto nel latte di cocco, oppure con il tahu balado, cioè tofu fritto. Leggermente speziato, ma adatto a tutti i palati.
Costo: 10€.

[Credit: magazine.expo2015.org]

Scienziati trovano “interruttore” colpevole del senso di fame

Credit: urbanpost.it

Gli scienziati hanno trovato un “interruttore” che aiuterebbe a ridurre o placare il senso dell’appetito, risolvendo così il problema dell’obesità, che specialmente in America colpisce una fetta sempre più crescente della popolazione.

I ricercatori coinvolti nella scoperta, hanno dimostrato come sia il livello di zuccheri nel sangue e far funzionare questa specie di interruttore che modererebbe l’appetito. Così, quando questa specie di segnaletica non dovesse funzionare, ecco palesarsi il problema del sovrappeso.

Le ricerche che stanno avanzando sull’argomento sono molto importanti, in quanto dimostrano come sia l’attività del cervello e degli ormoni a stabilire il senso di appetito e di sazietà.
La scoperta è stata un caso, durante degli studi condotti sulle cellule nervose nei laboratori di studi sui topi, per delle attività basate sullo studio della memoria.

Nello specifico, la ricerca voleva dimostrare cosa succede quando un enzima di nome OGT, fosse eliminato in certe zone del cervello dei topolini.
L’OGT è fondamentale all’interno del processo metabolico, in quanto coinvolge il circolo di insulina e glucosio all’interno del sangue, che aumentano sempre dopo un pasto o un drink alcolico.

Uno degli scopi di questo enzima è quello di andare ad aggiungere un derivato chimico del glucosio alle proteine e questo, apparentemente, risulterebbe un passaggio fondamentale nella sensazione di sazietà, in quanto cadrebbe nel centro di controllo dell’appetito da parte del cervello. Quando il gene di questo enzima viene cancellato o eliminato, ecco che il topo ingrassa del doppio rispetto al suo peso originario in due settimane.
A dimostrazione del fatto che, rimosso l’OGT, il topo non riesce più a distinguere il senso di pienezza dallo stato di fame, tanto da farlo continuare a mangiare senza controllo.

Ma quando è stato riprodotto geneticamente il segnale prima rimosso, ecco che il topo si arresta, tornando a sentire il senso di sazietà e quindi terminando il processo di nutrizione a non finire.
Giunti a queste rivelanti conclusioni, è scontato che i ricercatori abbiano deciso di darsi da fare nell’avanzamento di studi al riguardo, cercando delle sostanze – che potremmo chiamare droghe, ma solo per intendere fattori esterni che condizionino e alterino dei processi naturali del corpo – che riescano a regolare questa specie d’interruttore, quando questo dovesse smettere di funzionare.

Gli scienziati hanno inoltre dichiarato che agire chimicamente sul problema dell’obesità porterebbe ad avere degli effetti più immediati e visibili rispetto alla dieta e alla semplice forza di volontà, che spesso non sono abbastanza, purtroppo.

Facebook censura ‘l’origine del Mondo’ di Courbet (FOTO)

Facebook non transige. Zucky è molto severo riguardo le foto di nudi o altri contenuti erotico-porno. Ma questa volta, potrebbe aver proprio esagerato.

Un insegnante francese si è visto bloccare l’account per aver postato la foto dell’opera d’arte di Gustave Courbet “L’origine du monde” rappresentante i genitali femminili. L’opera risale al 1866 e probabilmente non fece così tanto scalpore neanche a quel tempo. Facebook ha ritenuto “offensiva” quella foto postata e ha provveduto a chiudere l’account per contenuti pornografici.

Facebook censura 'l'origine del Mondo' di Courbet (FOTO)

L’insegnante però non si è arreso e ha accusato il grande social network di non saper distinguere l’arte dalla pornografia, mentre l’avvocato di Facebook aveva sostenuto che quest’accusa non sarebbe stata perseguibile in un Tribunale di Parigi, dal momento che il sito deve rispondere solo alla giustizia della California, dove ha sede la società.

Ma evidentemente si sbagliava perché la Corte ha rifiutato questa interpretazione e ha fissato una prima udienza in Francia il 21 maggio. “È la prima vittoria di Davide contro Golia”, ha detto l’avvocato dell’insegnante Stephane Cottineau: “La decisione farà giurisprudenza per altri social media e giganti di Internet che usano i loro quartier generali all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, per evadere la legge francese”.

La prima battaglia è stata vinta, ma la guerra è ancora lunga. Sicuramente il professore è più agguerrito che mai a portare avanti le sue argomentazioni. Staremo a vedere chi avrà la meglio.