giovedì, 18 Aprile 2024

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Selfie mania: anche le star sono vittime dell’autoscatto(FOTO)

cinefilos.it

Selfie, selfie ovunque. La moda dell’autoscatto è ormai diventata talmente tanto celebre e la parola selfie talmente tanto utilizzata che anche le star non sono immuni da questa che è a tutti gli effetti una vera e propria mania e malattia.

Da Selenza Gomez a Madonna, da Hilary Duff a Miranda Kerr, praticamente tutte le star di Hollywood sono cadute sotto il fascino dell’immortalare se stesse davanti all’obiettivo di un tablet o di uno smartphone.

Sorridenti oppure mentre mandano un bacio, con il proprio cane o un’amica vip, in macchina o davanti ad uno specchio, alcune fra le donne più famose del jet set internazionale dello spettacolo si sono rese un po’ meno ‘vip’ e un po’ più ‘comuni mortali’, attraverso la pratica del selfie che è ormai alla portata e nelle intenzioni di tutti.

Ecco così che sul web impazzano le foto di Taylor Swift & Karlie Kloss mentre sensuali si truccano davanti alla fotocamera o della pensierosa Anna Kendrick che osserva un pesce rosso in una boccia.

E ancora la giovane attrice Lindsay Lohan si è scattata un selfie mentre ad occhi chiusi manda un bacio ai suoi fan o la trasgressiva Miley Cyrus in diretta da un suo concerto ha immortalato la propria immagine mentre stava cantando.

E così la selfie mania è diventata una vera e propria “trappola” che ha inghiottito non solo persone comuni ma anche le star più rinomate di Hollywood. Complice sicuramente anche l’applicazione di fotografia più famosa al mondo – Instagram – sulla quale ogni giorno si trovano centinaia e centinaia di questi autoscatti, di celebrità e non.

Cuori infranti, mani bucate

Darsi alle compere sfrenate dopo aver sofferto per la rottura di una storia d’amore è il peggiore attentato che si può fare alle proprie finanze: a sostenerlo sono dei ricercatori che, monitorando più di 2.000 donne, hanno scoperto che fiondarsi nei negozi subito dopo essersi lasciate col partner costituisce un vero e proprio pericolo, portando le disperate clienti a spendere molto di più rispetto a quanto spenderebbero in qualsiasi altra circostanza.

Cuori infranti, mani bucate, dunque: stando ai dati emersi dallo studio, infatti, le donne tendono a spendere in media più di 50 euro in abiti, scarpe e accessori nuovi pur di lenire il loro dolore (contro i 48 spesi non appena percepito lo stipendio e i 35 che “ci si lascia sfilare” quando l’intenzione iniziale era soltanto quella di dare un’occhiata alle vetrine o ai negozi on-line).

Andy Oldham del sito cashback Quidco.com (uno di quelli che permettono alla propria utenza di guadagnare, per intenderci), tra i principali fautori della ricerca, ha notato come effettivamente fare shopping venga a configurarsi come una sorta di terapia: “Tuttavia – ha affermato – le donne dovrebbero prestare attenzione a non spendere troppo, per non finire col rimpiangere la propria avventatezza il giorno dopo“.

Dallo studio si apprende, inoltre, che sono ben 9 su 10 le donne che hanno ammesso che il proprio stato d’animo può condizionare la cifra che spendono quando si danno allo shopping. E più della metà ha addirittura confessato di evitare del tutto di andare per negozi se si sente particolarmente giù, proprio perché consapevole del fatto che finirà con lo spendere troppo. “Per alcune – continua Oldham – non c’è sensazione migliore di quella provata mentre si impugna la propria carta di credito in fila alla cassa o mentre si clicca per il pagamento on-line degli articoli nel proprio carrello virtuale. È qualcosa che può davvero aiutare a sentirsi meglio, perciò non deve meravigliare che molte donne si diano allo shopping nei momenti di tristezza“. Anche la noia e i litigi sono motivi di compere, spingendo le donne a spendere in media rispettivamente 34,50 e 32 euro. Fare acquisti dopo una “giornata no” al lavoro, invece, costa intorno ai 30 euro.

I ricercatori, peraltro, hanno riscontrato che il 56% delle persone evita di fare shopping dopo una brutta giornata perché sa che finirà per spendere più di quanto in realtà vuole. Una donna su due, per di più, arriva a disertare i negozi soprattutto se in compagnia perché teme l’eventualità di trovarsi a chiedere un prestito a chi le sta accanto. Un buon 79% si impone, allora, una soglia-limite per non incorrere nel rischio di spendere troppo: un espediente cui affidarsi per evitare che il tracollo emotivo si trasformi, per giunta, in disastro finanziario.

“The Topless Tour”, il fenomeno degli scatti senza reggiseno (FOTO)

Nell’ultimo secolo, in particolare, sembra essersi imposta prepotente una corrente di pensiero: non fare vestito quello che potresti fare meglio nudo.

E Olivia Edginton, Lydia Buckler e Ingvild Marstein Olsen, tre ragazze ventenni con la passione per i viaggi e l’avventura, nonché per i social, hanno seguito alla lettera questo comandamento: perché visitare luoghi innevati con tute da sci, guanti e cappelli, quando si può farlo in topless?

Oslo, New York, Manchester, Berlino e Londra e una fotocamera a immortalare schiene nude davanti a scenari da favola. “The Topless Tour” è il nome del profilo Instagram che sta riscuotendo grande successo.

Un successo tale da aver lanciato una vera e propria moda tra le giovani e non, che inviano foto, rigorosamente in topless, da tante altre località del mondo. Numerose le followers, numerosi i posti, uno solo il “dress” code. Tutti i requisiti per rendere virale un’idea come quella delle tre giovani, ci sono.

E si può definire originale, trasgressiva, profonda, superficiale, volgare o elegante, ma l’obiettivo dietro questo topless tour resta uno: che se ne parli.

Le prossime mete del tour previste, toccheranno l’Italia, la Croazia e la Svezia. I maschietti sanno già, dunque, quali voli prenotare per l’estate.

Vegano malato di Alzheimer chiede solo polpette

Dalla Svezia l’eco del suo caso sta facendo discutere molto: parliamo di Oscar, attivista vegano di settantacinque anni, che, chiuso in una casa di accoglienza per malati di Alzheimer, non è in grado di ricordare il suo precedente stile di vita e chiede solo polpette per nutrirsi.

Un giorno, assaggiata per errore la carne servita nella struttura, l’uomo decide di non volerne più fare a meno. La moglie aveva infatti disposto che al marito fossero serviti piatti esclusivamente vegani, ma tra i tanti pazienti un disguido può capitare e, in questo caso, il misfatto si è rivelato fatale.

Di qui nasce la controversia: la moglie si rifiuta di acconsentire a un regime alimentare diverso da quello che il marito ha perseguito per tutta la vita e dall’altro lato gli operatori non sanno come comportarsi.

E così, a chi spetta la decisione riguardo l’alimentazione di Oscar? Alla famiglia, agli assistenti della struttura, a lui stesso?

Sulla rivista Lavoro Sociale del Centro Studi Erickson, sono stati pubblicati degli spunti di riflessione riguardo l’autodeterminazione del paziente, nonostante questo sia afflitto da demenza: intervenuto un Comitato Etico, dopo che il caso è approdato al ministero svedese della Salute e del Welfare, si è stabilito che i voleri di Oscar, all’interno della struttura, debbano essere rispettati.

Le opinioni degli esperti, sulle pagine della rivista, sono state tuttavia numerose, tra contrarie e a favore. Secondo Titti Fränkel (Akademikerförbundet SSR, associazione professionale) ed Erik Blennberger (Ersta Sköndal University College, membro del Comitato etico del ministero svedese della Salute e del Welfare), i desideri del paziente devono essere esauditi, in quanto “gli ospiti residenti dovrebbero avere lo spazio per poter ‘essere se stessi’”.

Contrario è invece il parere di Hilde Lindemann, docente di Filosofia (Michigan State University, Usa), che afferma che Oscar non è libero di sceglieredato che soffre di demenza a uno stadio così avanzato da non poter più essere assistito a casa sua, sembra molto probabile che non sia più in grado di autodeterminarsi” e dunque la volontà della moglie, consapevole del suo stile di vita vegano e di quello che avrebbe voluto, dovrebbe avere gran peso.

La risposta ai numerosi quesiti la dovrebbe fornire un attento studio del caso specifico: le scelte della persona coinvolta, la sua storia, la sua malattia, le sue volontà palesato o intuite, le sue idee e così via. Questi dovrebbero essere i fattori in base a cui scegliere o in base a cui guidare il soggetto nel percorso restante.