venerdì, 26 Aprile 2024

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Vegano malato di Alzheimer chiede solo polpette

Dalla Svezia l’eco del suo caso sta facendo discutere molto: parliamo di Oscar, attivista vegano di settantacinque anni, che, chiuso in una casa di accoglienza per malati di Alzheimer, non è in grado di ricordare il suo precedente stile di vita e chiede solo polpette per nutrirsi.

Un giorno, assaggiata per errore la carne servita nella struttura, l’uomo decide di non volerne più fare a meno. La moglie aveva infatti disposto che al marito fossero serviti piatti esclusivamente vegani, ma tra i tanti pazienti un disguido può capitare e, in questo caso, il misfatto si è rivelato fatale.

Di qui nasce la controversia: la moglie si rifiuta di acconsentire a un regime alimentare diverso da quello che il marito ha perseguito per tutta la vita e dall’altro lato gli operatori non sanno come comportarsi.

E così, a chi spetta la decisione riguardo l’alimentazione di Oscar? Alla famiglia, agli assistenti della struttura, a lui stesso?

Sulla rivista Lavoro Sociale del Centro Studi Erickson, sono stati pubblicati degli spunti di riflessione riguardo l’autodeterminazione del paziente, nonostante questo sia afflitto da demenza: intervenuto un Comitato Etico, dopo che il caso è approdato al ministero svedese della Salute e del Welfare, si è stabilito che i voleri di Oscar, all’interno della struttura, debbano essere rispettati.

Le opinioni degli esperti, sulle pagine della rivista, sono state tuttavia numerose, tra contrarie e a favore. Secondo Titti Fränkel (Akademikerförbundet SSR, associazione professionale) ed Erik Blennberger (Ersta Sköndal University College, membro del Comitato etico del ministero svedese della Salute e del Welfare), i desideri del paziente devono essere esauditi, in quanto “gli ospiti residenti dovrebbero avere lo spazio per poter ‘essere se stessi’”.

Contrario è invece il parere di Hilde Lindemann, docente di Filosofia (Michigan State University, Usa), che afferma che Oscar non è libero di sceglieredato che soffre di demenza a uno stadio così avanzato da non poter più essere assistito a casa sua, sembra molto probabile che non sia più in grado di autodeterminarsi” e dunque la volontà della moglie, consapevole del suo stile di vita vegano e di quello che avrebbe voluto, dovrebbe avere gran peso.

La risposta ai numerosi quesiti la dovrebbe fornire un attento studio del caso specifico: le scelte della persona coinvolta, la sua storia, la sua malattia, le sue volontà palesato o intuite, le sue idee e così via. Questi dovrebbero essere i fattori in base a cui scegliere o in base a cui guidare il soggetto nel percorso restante.

I 10 status di Facebook da non scrivere mai

Quanti di voi hanno commentato uno status su Facebook che proprio non riuscivano a sopportare? Quanti si sono fatti una grossa risata nel leggere certe strane citazioni prese da chissà quale sito di Yahoo! Answer? Quanti hanno preferito chiudere Facebook pur di non scorrere più la home?
Ecco i 10 status di Facebook più irritanti di sempre – e come evitarli.

Io posso e tu no

Un bel viaggetto alle Maldive? Vincere una super schedina di calcio al 90esimo minuto? Un piatto di pasta perfetto e succulento nel miglior ristorante della Capitale o una crociera lusso in giro per il mondo? Basta anche un minimo per essere “super invidiati” da miliardi di utenti su Facebook che “soffrono” per non poter essere al loro posto. La sindrome del “Guarda, io sto facendo questa cosa e tu non puoi. Invidiami!” più che gelosia non fa altro che portare rabbia, antipatia e istinti omicida.

Frecciatine a doppio senso da parte degli ex

Si chiamano “ex” proprio per questo. E-X! Non è difficile da capirlo. Basta, quindi, a frasi, pensieri, citazioni, stralci di libri e poesie, pezzi di canzoni e ricordi romantici che possano in qualche modo far risbocciare l’amore. No, no e ancora no. Il partner lo si riconquista andando a prenderlo sotto casa, non con battutine irritanti che non capisce nessuno tranne il tuo ex.

Citazioni, citazioni sbagliate ovunque

Va bene scrivere un passo importante di Ungaretti o di Manzoni per dare un tono di pseudo-cultura alla Home di Facebook, va bene una canzone dal testo molto significativo da usare come “aiuto” per mille parole non dette e mai confidate, ma scrivere “cit. Jim Morrison” al “Domani un altro giorno arriverà” di Vasco proprio no!

-time

Non tutti capiranno. Non tutti hanno avuto la sfortuna di leggerli. Beati voi! Sono i “-time” status che rendono tutto ancora più irritante: doccia-time, film-time, bagno-time, ma perché non anche un mistoammazzando-time?!

GPS e servizi di localizzazione

Va bene tutto, una spiaggia dalla sabbia bianchissima e il mare cristallino, una mostra importante, un concerto o un evento con qualche personaggio famoso, una ricorrenza particolare, un giorno speciale, le piazze delle città più belle e un viaggio quasi in partenza, ma “presso divano” oppure “presso scuola” proprio no. Taggatevi anche in bagno già che ci siete.

Organizzatore di eventi e sbocciatore compulsivo

Un evento, un party lussuoso, il privé in discoteca o l’entrata gratuita entro mezzanotte. Che sia un contest musicale, un flashmob organizzato in centro o l’aperitivo del venerdì sera, lo sbocciatore compulsivo è sempre presente con le sue liste, tavoli, omaggi donne e “invita più gente che puoi, ci sarà da divertirsi”.

Genitori su Facebook, stalker e nostalgici del passato

Oltre a dover dare l’amicizia ai nostri genitori nel loro – disperato e fallito – tentativo di controllarci anche quando andiamo a bere un po’ d’acqua, dobbiamo subire i loro “Guarda che carino che eri in questa foto”, “A due anni hai detto la tua prima parola”, “A cinque già costruivi razzi spaziali e risolvevi il cubo di Rubik”. Tutto questo accompagnato da foto imbarazzanti, errori di battitura e commenti dei 50enni-genitori-come-loro del tipo “Com’eravate carini”.

Sto male ma non voglio che si capisca. E allora lo scrivo su Facebook

Facebook non è un diario personale dove scrivere la qualunque. Sto male, sto bene, sono felice, mi sono fidanzato, ho sonno, voglio la mamma, voglio tornare a casa, sono stanco di questa vita. Non serve raccontare al mondo intero ogni minimo dettaglio della nostra vita privata, ma dire “Che giornata bruttissima oggi, non doveva succedere! Ora sto malissimo” per riceve i soliti commenti “Cosa è successo? Che hai? Ne parliamo in pvt? Ke problemi hai?” proprio no.

Idiozia e capitan-ovvio

Che stia piovendo fuori lo vediamo tutti dalle finestre: tuoni, lampi e rumore della pioggia basta poco per riconoscerli, non serve tappezzare la schermata di Facebook di migliaia di “Sta piovendo, che nervi”. Grazie, genio!
Come non parlare anche dei “Arriva il weekend e fa sempre brutto tempo, lo fanno apposta!”, oppure, immancabili, “Il mattone in testa”, dopo una serata all’insegna dell’alcool, e i “Che serata top ieri in disco”. Figlio mio, riprenditi.

Status addicted

10.40, 11.00, 11.45, 12.10, 13.05 e così per tutta la giornata. Dalla mattina alla sera un continuo postare, commentare, condividere, scrivere, aggiornare, taggare. E basta, ma non hai una vita?

E tu? Quali status di Facebook non sopporti?

Cityteller: l’app che ci fa viaggiare coi libri

Le parole di un libro, si sa, possono prendere vita. Ed è proprio grazie a quelle parole che possiamo vivere amori impossibili, guerre ingiuste, malattie che ci auguriamo di non avere mai e sogni irrealizzabili; è grazie a quelle parole che possiamo vivere in un luogo in cui, in realtà, non siamo mai stati.

Proprio come un libro racchiude racconti, persone, emozioni, così anche un luogo ci parla attraverso racconti, persone, emozioni. Dall’intreccio di queste due cose nasce l’app Cityteller: una mappa geo-emozionale che racconta le città attraverso i romanzi, e grazie al contributo degli utenti.

Dalla Roma di Dan Brown alla Piombino di Silvia Avallone, alla Napoli di Luciano De Crescenzo: il leggere e il viaggiare non sono mai stati tanto intersecati come ora.
Il concetto fondamentale è quello di storytelling: capacità che da la possibilità agli utenti di condividere la propria esperienza di scoperta dei luoghi attraverso i libri, raccontando i posti in cui sono ambientati.
Si tratta di un’app magica, ricettacolo di emozioni scaturite dal racconto di qualsiasi cosa. È magnifico come ogni utente possa raccogliere le informazioni sulla città o sul luogo che intende visitare semplicemente leggendo estratti e citazioni di svariati libri famosi.

Cityteller è un’applicazione facilmente scaricabile sul proprio telefonino o sul tablet ( disponibile sia per iOS che per Android) basata – appunto – sulla geolocalizzazione.


Funziona così: accedendo dal proprio dispositivo, il sistema chiederà all’utente l’autorizzazione al rilevamento della propria posizione, così da poter vedere su una mappa dei marker, simboli che indicano la presenza dei contributi geo-localizzati. Cliccando sui marker compariranno gli estratti di libri famosi postati da altri utenti che descrivono il luogo che volete visitare.
Un’applicazione e tanti scrittori: il contributo è visualizzato attraverso una scheda di presentazione del libro contenente le informazioni relative al titolo, all’autore e alla casa editrice, indicati da chi inserisce la citazione (e magari una foto del luogo con un’atmosfera simile a quella narrata). In questo modo non solo si può avere un’idea di cosa visitare nelle vicinanze, ma si ha anche l’opportunità di raccogliere informazioni a riguardo attraverso piacevoli letture.

Ciascuno diventa Cicerone per gli altri. “È un meccanismo attraverso il quale il reale dà concretezza all’immaginazione, la fa specchiare nella realtà in cui nasce” – dicono gli inventori (l’app è un prodotto di Studioand) che hanno riunito l’interesse per il territorio, l’amore per la letteratura e la passione per la tecnologia in un unico, grande risultato.

Sono incinta, i modi più bizzarri per dirlo

Annunciare la propria gravidanza è forse uno dei momenti più emozionanti nella vita di una donna. Può essere dolce, fantasioso, classico o bizzarro a seconda del proprio carattere e di come si sceglie di condividere un momento così intenso con il proprio compagno o con il resto della famiglia. C’è chi decide di riferirlo in maniera riservata a pochi intimi e chi invece è spinto dall’impulso di urlarlo letteralmente al mondo intero, oggi più che mai in senso figurato.

Ci pensano infatti Facebook, Twitter o Instagram a urlare per noi, risparmiandoci la fatica. Nell’era della comunicazione però il classico “sono incinta” con tanto di lacrimuccia pronta a solcare le guance della futura mamma, di amici e parenti non basta più. L’avvento dei social network e la febbre da selfie sta trasformando un momento così commovente e personale in un fenomeno virale, in cui le idee più originali e divertenti fanno il giro del web. La cosa più importante è non apparire scontati e noiosi, ma superare la commozione con una bella risata nell’attesa del nascituro.

C’è chi si infiocchetta la pancia con un nastro rosa o azzurro, come se fosse un pacco di Natale e chi invece si immortala con la testa china sulla tazza del wc, sdrammatizzando su uno degli effetti caratteristici della gravidanza. C’è chi, all’insegna della creatività e dell’ironia, mette a confronto il proprio “pancino da terzo mese” con quello da bevitore di birra del marito e chi inforna simbolicamente una pagnotta in forno. Alcuni sono più fortunati e lasciano che alcuni personaggi famosi diano la grande notizia al loro posto, come nel caso di Will Smith. Un annuncio che non passerà certamente inosservato.