venerdì, 19 Aprile 2024

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La tv moderna deve essere S.M.A.R.T.

La serie preferita, un bel film o un programma, la cena appena conclusa, la famiglia riunita: l’incontro davanti alla tv, era un rituale prezioso, di quelli di cui si avverte l’effimero e, per questo, li si apprezza come se dovessero ripetersi per sempre.

Oggi la situazione è ben diversa: smartphone, tablet e altri svariati schermi rendono l’informazione e i contenuti televisivi facilmente fruibili. Tutto è social, tutto è condiviso, tranne la presenza: nel mondo virtuale il 51% circa degli utenti commenta lo spettacolo a cui assiste in solitaria.

Soli in camera da letto, davanti allo schermo, ma in copiosa compagnia nel salotto del web. Maggiori i modi per arrivare ai contenuti proposti, ma di sicuro responsabili dell’aumento dei minuti visti in tutti i Paesi, Italia compresa, in particolare con una crescita di 4 minuti, anno su anno, questo target registra anche un +12% rispetto al 2010, secondo la ricerca, effettuata su un campione di ventisettemila ragazzi tra i nove e i trent’anni, e illustrata da Andrea Castellari, Senior Vice Presidente e Amministratore Delegato di Viacom per Italia, Medio Oriente e Turchia, a Dogliani (CN) nell’ambito del Festival della TV.

Ed è proprio la ricerca Tv S.M.A.R.T. a fornire, con questo acronimo, le caratteristiche necessarie all’evoluzione del rapporto tra individui e scatola magica: la tv moderna deve essere, infatti, Social, in modo da poter coinvolgere attivamente tutti i telespettatori, più vicini ai personaggi televisivi e agli stessi programmi; deve essere Mobile, quindi fruibile in qualsiasi posto e momento; Accessibile, da tutti, su qualunque device o sistema; deve essere Rilevant, quindi dal contenuto accattivante e virale; e infine Tailored, costruita su misura, in base ai gusti e alle esigenze di ognuno.

Si evolve il modo di approcciarsi alla tecnologia, ai social, alla televisione.

Che i rapporti umani, de visu, diretti, intimi e familiari stiano invece involvendo?

Vandali ad Auschwitz

Alcuni turisti in visita ad Auschwitz hanno preso a intagliare frasi insulse sui letti a castello dove un tempo dormirono i prigionieri ebrei, ma anche a rubare “souvenir” dall’ex campo di concentramento nazista. Gli amministratori del sito storico, dove più di un milione di persone furono uccise durante gli anni della seconda guerra mondiale, sono stati lasciati in balìa di quest’orda di vandali che ha preso di mira il famoso museo.

Tra i visitatori, certi hanno inciso su mobili e pareti il proprio nome, seguito dalla frase “è stato qui” – qualcuno ha addirittura precisato “ho fumato qui”. Altri hanno portato via del filo spinato e persino pezzi dei binari su cui viaggiava l’ignobile treno che trasportava i prigionieri al campo.

L’infelice notizia, riportata da quanti lavorano presso il museo, è davvero scioccante agli occhi di Antoni Dudek, importante storico polacco e membro del consiglio dell’Istituto della Memoria Nazionale, che bolla come “barbarici” questi furti e questi atti di vandalismo. Si è anche discusso dell’installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso per cercare di risalire ai criminali, un’ipotesi che è però stata esclusa, ritenendo che le telecamere avrebbero in qualche modo rovinato l’autenticità del sito.

Parlando dell’atteggiamento indegno di questi vandali ad Auschwitz, il direttore del museo, Piotr Cywinski, ha aggiunto che non si tratta sempre di ragazzi, ma che addirittura anche insegnanti e turisti stranieri finiscono col portarsi via alcune cose.

Sfortunatamente, insistendo su un’area di circa 2,5 km per 2 km, su cui sono dislocate ben 150 strutture, il campo è davvero troppo grande perché lo staff possa sorvegliarne costantemente i locali.

Nel 2009 alcuni ladri, esponenti di gruppi dell’estrema destra svedese, rubarono la celebre insegna “Arbeit Macht Frei” (il lavoro rende liberi) che si erge proprio al di sopra dei cancelli d’ingresso: all’epoca si trattò di un vero e proprio sacrilegio. Fortunatamente, l’insegna fu ben presto ritrovata e ricollocata al suo posto.

Il complesso, composto di due aree – Auschwitz e Auschwitz-Birkenau – era stato in principio utilizzato per ospitare prigionieri politici polacchi, ma dall’estate del ’42 si trasformò nel più vasto campo di sterminio per ebrei: furono più di un milione, fra uomini, donne e bambini, a perdere la vita in un posto di cui i contemporanei sembrano aver dimenticato vergognosamente l’orrore.

Jeff Hong ridisegna il finale delle favole Disney (FOTO)

Dumbo

Jeff Hong porta un pizzico di realtà nelle favole Disney, tutte dal lieto fine.
I personaggi Disney con i quali tutti noi siamo cresciuti hanno sempre sconfitto il loro destino avverso, superando impavidi tutte le sfide riservate per loro.
Ma se così non fosse? Nella vita reale, pensa Jeff Hong, non sempre il coraggio e l’audacia ripagano. Alle volte, anzi, ci si ritrova a lottare senza però conoscere, poi, il lieto fine.

“E vissero per sempre infelici e scontenti”

Il The End pensato da Jeff Hong costringe le belle Principesse a fare i conti con un mondo che non è sempre tutto rose e fiori.
Mulan, Ariel, e Pocahontas, dunque, dovrebbero essere a conoscenza di quanto spietato sia il mondo lì fuori.
Esiste il razzismo, lo smog, e la corsa al potere. Esistono le debolezze che ti conducono a percorrere vie sbagliate, senza un Bianconiglio che ti indichi il giusto cammino. E gli animali nei circhi non conoscono sempre una vita felice come il tanto amato Dumbo.

Le favole però, ricordiamo, hanno il compito di raccontare morali attraverso una realtà inventata.
Destinate ad un pubblico grande quanto i folletti che ne sono protagonisti, è bene, forse, che le favole conoscano tutte un lieto fine, invece che una terribile verità. Dalla quale, ad ogni mondo, è impossibile avere scampo.

Ogni Principessa può trovare un posto dove vivere per sempre felice e contenta.
Mulan è in grado di salvare la Cina, e Pocahontas potrà risolvere le discordie tra i colonizzatori e la sua tribù. Cenerentola ha incontrato il Principe Azzurro.
Se questi personaggi li lasciamo vivere indisturbati nel fantastico mondo Disney.

Selfie di biciclette in giro per le città (FOTO)

Le avevamo sentite tutte: Fashion Bloggers, Food Bloggers, Book Bloggers, Tech Bloggers. Adesso c’è anche il Bike Blogger.

L’uomo in questione è il ventitreenne romano appassionato di fotografia on the road, Nicolò De Devitiis, che dietro lo pseudonimo di _divanoletto gira le città del mondo alla ricerca di qualche bicicletta “sexy” da fotografare e da pubblicare su Instagram. Da Roma ad Amsterdam, uno scatto al giorno, una bici per volta. “Meglio bike blogger, che fashion blogger” spiega ironico Nicolo. “Loro fotografano vestiti e modelle in posa, io invece come modelle ho delle fantastiche biciclette, svestite“.

Tutto è nato da uno scatto con l’Iphone, condiviso sul suo profilo Instagram. “Sì alle biciclette come modelle, in contrapposizione al fenomeno dei selfie” afferma Nicolò. Scatti rubati di biciclette nei luoghi più belli d’Italia e del mondo, per conoscere il nostro patrimonio artistico, per apprezzare la vita e per promuovere uno stile di vita a basso impatto ambientale. “L’idea è nata in un giorno freddo di marzo – racconta il blogger – vicino al museo Maxxi, dove vidi una bicicletta color indaco da sola, poggiata su un muro color mattone che sembrava dirmi, come in posa: “Dai, scatta“. E così fu“.

La vita quotidiana di Nicolò è fatta di università, lavoro, sport e una passione per i viaggi e le bici, e questo progetto è nato per gioco, ma l’idea sta riscuotendo un notevole successo, sia tra gli appassionati di fotografia sia tra gli amanti delle bici. Quello che piace è la capacità di raccontare una storia con uno scatto, come se guardando l’immagine di quella bici passasse davanti agli occhi la sua storia, fantasticando sul proprietario e sui racconti del piccolo mezzo.

Le foto presenti vengono dai quattro angoli del pianeta e se volete far parte di questo progetto, taggate le foto delle vostre “bici modelle” con l’hashtag #imdivanoletto.

La bicicletta torna ad essere protagonista, per la conquista di uno stile di vita urbano più sano e sostenibile.