giovedì, 28 Marzo 2024

Costume & Società

Home Costume & Società Pagina 766
Notizie e tendenze sulla società, sul costume, sull’opinione pubblica e sul cambiamento generazionale

5 bookbar da visitare almeno una volta nella vita

Alla conquista dell’America, la moda dei bookbar sembra spopolare sempre più. Si tratta di locali, pub, bar, appunto, in cui poter unire il piacere di una buona lettura a quello di un caldo caffè o un bicchiere di vino, il tutto nell’atmosfera e nel comfort più adatto possibile.
Il sito Bookriot ha fatto una classifica dei più belli in America. Ecco i 5 bookbar da visitare almeno una volta nella vita.

White Horse Trading Co., Seattle, Washington

Si trova in Post Alley, a pochi chilometri dal centro di Seattle e dal caos frenetico della città. L’atmosfera è molto intima, con luci soffuse e arredamento molto particolare. Accanto sorge uno Starbucks, ma qui è molto meglio.

BookBar, Denver, Colorado

Il bookbar di Denver è improntato sulla modernità. Il nome del locale, “Bookbar”, non lascia spazio ai dubbi e si classifica nella Top 5 americana anche grazie al suo stile semplice ma ricercato. All’interno si possono gustare birre artigianali di ottima qualità e scegliere tra una lunga lista di vini. I piatti da servire prendono tutti il nome di qualche opera letteraria e la genialata appare scritta anche sul menù ufficiale del locale. Al centro della sala c’è una scrivania interamente creata di… libri.

5 bookbar da visitare almeno una volta nella vita

The Spotty Dog Books & Ale, Hudson, New York

The Spotty Dog si differenzia dagli altri bookbar sopra citati: è, infatti, un centro di condivisione di arte, musica e letteratura. Questo bar originale sorge in una caserma ristrutturata e questa caratteristica attira moltissimi amanti dei libri e dello stile. All’interno musica dal vivo e mostre d’arte per allietare al massimo serate tutte all’insegna della cultura.

Elements: Books Coffee Beer, Biddeford, Maine

L’Elements è il classico bookbar americano. La lista delle birre offre una vastissima scelta: molte sono, infatti, le qualità di birra locali e regionali, caratteristica del posto che attira tutti gli intenditori. Tappa obbligatoria, l’Elements offre ai suoi lettori anche vino, caffè e qualche stuzzichino.

Books & Brews, Indianapolis, Indiana

Questo bookbar nasce su ispirazione dello Spotty Dog. Il proprietario si chiama Jason Wuerfel ed è un grande amante della letteratura. Ha da sempre avuto un grande sogno: costruire e gestire una libreria indipendente, per portare ai suoi clienti il grande amore per i libri e la cultura. All’improvviso il colpo di genio: unire alla passione per la carta rilegata e le grandi storie dei libri uno dei must irrinunciabili, la birra. Diventato uno dei birrifici più famosi della zona, ad Indianapolis non puoi fare tappa qui.

[Fonte: libreriamo.it, bookriot.com]

Titanic, l’ultima lettera scritta a bordo venduta all’asta per 119.000£

Venduta all’asta per 119.000£ l’ultima lettera che è stata scritta sul Titanic, la famosa nave da crociera affondata nel 1912 dopo l’impatto con un iceberg.
La lettera fu scritta a bordo della nave da due sopravvissuti, Esther Hart e Eva, la figlia di 9 anni, più o meno otto ore prima dell’enorme tragedia.

È stata venduta questo sabato, 26 Aprile, nel corso di un’asta alla Henry Aldridge & Son nel Wilshire, nel sud-est dell’Inghilterra.

La missiva era diretta alla madre di Esther Hart, che risiedeva nella cittadina inglese di Chadwell Heath – a est di Londra. La lettera non è mai stata recapitata alla signora.
In questa lettera, che ha il logo della bandiera della White Star Line, proprietaria del Titanic, la donna informava la madre che soffriva di mal di mare e non aveva potuto né mangiare né bere, mentre sua foglia si divertiva, ballando e cantando durante le feste a bordo.
La signora Hart scriveva poi: “I marinai ci dicono che è una traversata meravigliosa, ma c’è freddo e molto vento”

Per uno strano scherzo del destino, la lettera è giunta a noi perché Esther Hart l’aveva consegnata al marito, affinché lui la tenesse al caldo nella tasca della sua giacca.
Il marito, che aveva convinto la famiglia a partire per cercare fortuna in America, non riuscì a salire sulle poche scialuppe riempite prima dell’affondamento del transatlantico, ma aiutò la moglie e la figlia, alla quale consegnò il suo giaccone con dentro lo scritto, a salire su una di quelle scialuppe.
Lui è uno delle 1.518 vittime della tragedia, mentre Esther e la figlia Eva furono tra i 700 superstiti. Esther morì nel 1928, mentre Eva, scomparsa nel recente 1996, divenne una testimonianza critica vivente su come vennero condotte le operazioni di salvataggio.

“C’è sempre stato molto interesse sul Titanic – ha affermato la casa d’aste – e abbiamo già venduto altre lettere di passeggeri, ma nessuna aveva raggiunto questo prezzo”.
Ad aggiudicarsi il cimelio, precedentemente di proprietà di un collezionista, è stato un acquirente anonimo che ha presentato la sua offerta per telefono, rilanciando più e più volte.

“Era un microcosmo dell’intera società – afferma Andrew Aldridge sul transatlantico – ogni uomo, donna o bambino a bordo di quella nave aveva una storia da raccontare e dunque c’erano oltre 2200 racconti individuali di corollario alla storia principale. Il Titanic conteneva quasi tutte le emozioni dell’esperienza umana”.

[Credit: BBCNews]

Gli Italiani fuggono dall’Italia, ma sperano ancora per lei

A Londra “si vive peggio, ma si sta meglio“, dice la giornalista e scrittrice Caterina Soffici, autrice del libro, edito da Feltrinelli, “Italia Yes Italia No“.

Con un’impostazione volutamente ironica, l’autrice fotografa la condizione di una numerosa comunità, quella degli italiani emigrati a Londra. Sono circa duecentocinquanta mila, di cui novantamila registrati solo negli ultimi due anni, gli italiani partiti in cerca di un presente e di un futuro più certo, condizione che il nostro paese, occupato in scandali e inconcludenti dibattiti politici, non riesce oggi a garantire.

Mancano il clima, i colori, la storia, la cultura. Manca il calore del vicino, la propria tradizione, quella con la quale si è cresciuti. Si scelgono mete diverse, spinti dall’identico motivo di vivere nel giusto, senza essere esposti perennemente a un sistema disorganizzato e chiassoso. Questo non manca. Questo è quello per cui si parte.

A Londra si sta meglio perché qui ho trovato la banalità della normalità, convinta che se solo la bilancia tornasse a pendere per il verso giusto, in tanti torneremmo subito. Ma bisogna far presto, altrimenti i nostri figli avranno voglia di tornare?“, dice la Soffici.

E legittimo è l’interrogativo della giornalista. Chi è partito conosce il bello, innegabilmente presente, che ha lasciato, ma le future generazioni? Loro lo vivranno solo mediato, ma chiameranno “casa” il posto in cui vivono.

Una burocrazia ordinata e fiscale, costi della politica “vergognosamente” inferiori rispetto ai nostri, giustizia certa e intransigente. Questo il “giusto” per cui si parte. Ma d’altra parte, costi dell’istruzione onerosi, che non consentono il coinvolgimento di tutte le fasce della popolazione, che si ritrova a dover scegliere tra scuole pubbliche e fatiscenti e costosissimi istituti privati.

Il buono supera il cattivo, ma è chiaro cosa sia buono e cosa cattivo.

Si parte per questo, ma il sogno di un’Italia migliore, un’Italia con il futuro che merita, resta vivo nel cuore di ogni singolo emigrato.

Gli universitari sono più in grado di recuperare da lesioni cerebrali

Chi ha frequentato l’università è sette volte più in grado di recuperare da lesioni cerebrali traumatiche. Questi i nuovi risultati di una ricerca scientifica riportata sul dialymail.co.uk. Le persone ben istruite hanno una maggiore “riserva cognitiva”, affermano i ricercatori degli Stati Uniti.

I “muscoli” del cervello sono più forti e i cervelli funzionano complessivamente meglio. Questo significa che hanno meno probabilità di essere disabilitati in modo permanente dopo un trauma cranico.
I ricercatori non sanno ancora esattamente il perché di questo fenomeno. Forse per un uso più frequente di mente e pensiero per gli universitari? Forse per un’attività maggiore del sistema nervoso? Più energie, più sforzo?
“Dopo questi tipi di lesioni alcune persone sono disabilitate per la vita e non sono mai in grado di tornare al lavoro, mentre altre persone che hanno lesioni simili recuperare pienamente”, ha detto l’autore dello studio, il dottor Eric Schneider della Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora e membro della American Academy of Neurology.
“Capiamo alcuni fattori che portano a queste differenze, ma non possiamo spiegare tutto della variazione. Questi risultati possono fornire un altro pezzo del puzzle. Le persone con maggiori capacità di riserva cognitiva possono effettivamente guarire in un modo diverso che permette loro di tornare alla funzione di pre-infortunio e/o possono essere in grado di adattarsi meglio e formare nuovi percorsi cognitivi nei loro cervelli per compensare il danno”, ha aggiunto.

I ricercatori, che hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Neurology, hanno analizzato i casi di 769 persone con lesioni alla testa – per lo più in incidenti stradali e cadute.
I partecipanti sono stati raggruppati secondo i loro livelli di istruzioneil 24% non ha finito la scuola, il 51% aveva 12-15 anni di formazione e il 25% ha almeno una laurea.
Un anno dopo l’infortunio, il 28% dei pazienti non ha riscontrato nessuna disabilità ed è stato in grado di tornare al lavoro o allo studio.
Solo il 10% di coloro che non hanno terminato la scuola erano liberi da ogni disabilità, rispetto al 31% di quelli con qualche tipo di istruzione universitaria e il 39% dei laureati.

Il Dr. Schneider ha detto: “Le persone laureate erano più di sette volte in grado di recuperare pienamente la loro lesione rispetto alle persone che non hanno terminato la scuola superiore.
Ha continuato: “E le persone con qualche istruzione universitaria erano quasi cinque volte più in grado di recuperare completamente rispetto a quelli senza educazione sufficiente per guadagnare un diploma di scuola superiore”.

“Abbiamo bisogno di imparare di più su come l’educazione aiuti a proteggere il cervello e come influisca su lesioni e resistenza nei traumi. Si spera aiuterà a identificare modi per aiutare le persone a recuperare meglio da una lesione cerebrale traumatica”, ha infine concluso.

Insomma, più studi e più sei sano. Dare spiegazioni prettamente scientifiche in questo momento sembra essere missione difficile anche per i grandi esperti, ma i dati dimostrano proprio questo. Non ci resta che studiare e sperare – sempre – di non dover mai riportare un trauma cranico nella nostra vita. O almeno dopo la laurea.