venerdì, 19 Aprile 2024

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Mangiare pesce riduce il rischio di depressione

Il segreto della felicità potrebbe consistere, semplicemente, nel mangiare pesce: recenti ricerche hanno, infatti, dimostrato che assumerne almeno due volte alla settimana riduce del 25% il rischio di depressione nelle donne – effetti benefici di cui, invece, gli uomini non possono godere.

Secondo lo studio pubblicato nell’American Journal of Epidemiology, alti livelli di acidi grassi Omega 3 possono combinarsi con gli estrogeni e il progesterone femminili, facendo funzionare il cervello correttamente. Per realizzare la ricerca, un gruppo di studiosi del Menzies Research Institute in Tasmania ha monitorato più di 1.400 tra uomini e donne di età compresa tra i 26 e i 36 anni nell’arco di un periodo di cinque anni: i partecipanti hanno redatto dei diari delle loro diete, che comprendevano pesce, gamberi e cozze, con cui sono stati confrontati i dati relativi alla loro salute mentale.

Tenendo in considerazione anche altri fattori quali il fumo, il peso, l’attività fisica, il consumo di alcol, la formazione e la professione, è stato rilevato un significativo nesso tra il consumo di pesce e l’incidenza della depressione. Le donne che mangiavano pesce almeno due volte sono risultate avere, infatti, il 25% in meno di possibilità di sentirsi depresse nei giorni a venire.

Il Dottor Richard Marsh, a capo dell’Institute of Food, Brain and Behaviour, ha affermato: “Parte del cervello si compone di lunghe catene di acidi grassi Omega 3 che si ritrovano, spesso, anche nel pesce. Altri studi hanno riscontrato che ingerire olio di pesce potrebbe avere un impatto rilevante sull’umore. Questa ricerca è giunta all’importante conclusione che i benefici sono visibili solo nelle donne. Tuttavia, resta poco chiaro quali siano gli esatti fattori in gioco e ulteriori ricerche saranno realizzate per confermare i nostri risultati“.

La ricerca ha, inoltre, dimostrato che le donne sono il doppio più propense a cadere vittima della depressione, specialmente nel periodo compreso fra i 16 e i 42 anni, quando cercano di conciliare la vita lavorativa con quella familiare. Un dato che va tenuto seriamente in considerazione, se si pensa che la depressione è spesso indice di un possibile sviluppo di patologie com l’Alzheimer e il Parkinson.

Il caffè può salvare la vista

Prerogativa e buona abitudine tutta italiana, il caffè rappresenta un vero e proprio culto nelle giornate della penisola. A colazione, dopo pranzo, con gli amici o in solitaria, la bevanda dall’intenso aroma è un appuntamento fisso anche con la salute. Degli occhi.

I ricercatori della Cornell Univesity di New York, già impegnati nell’osservazione degli effetti antiossidanti del caffè, hanno scoperto come una sostanza chimica trovata nella bevanda, impedisca il deterioramento della vista causato da glaucoma, invecchiamento o diabete.

La sostanza interessata è l’acido clorogenico, un potente antiossidante presente per il sette/nove per cento nel caffè. Lo studio , pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, ha rivelato come nei topi questo acido abbia impedito la degenerazione retinica.

La retina è la membrana più interna del bulbo oculare, dotata di milioni di cellule sensibili alla luce e di altre cellule nervose che ricevono e organizzano le informazioni visive. E’ anche uno dei tessuti più metabolicamente attivi, richiedendo alti livelli di ossigeno e rendendo l’occhio propenso a stress ossidativo”, spiega il dottor Chang Y. Lee, autore dello studio, a DailyMail.

E continua: “La mancanza di ossigeno e la produzione di radicali liberi arreca danni ai tessuti e porta, di conseguenza, alla perdita della vista. Lo studio è importante per capire quali sono gli alimenti funzionali , cioè gli alimenti naturali che forniscono effetti benefici sulla salute. Il caffè è la bevanda più popolare al mondo , e stiamo capendo quali vantaggi possiamo ottenerne”.

Dunque, una tazzina di caffè ogni giorno ci aiuterà a guardare lontano.

Salmone: ecco perché è meglio evitarlo

Credit: passionepesce.it

Troppi falsi miti nel campo del food. Il salmone – da molti decantato come un toccasana per le diete ipocaloriche, perfetto per chi soffre di colesterolo alto e ottimo per combattere l’osteoporosi e il cattivo umore – è sconsigliato in una dieta abituale, soprattutto se proviene da allevamenti intensivi, proprio come la maggior parte di quella che mangiamo.

Per oltre 25 anni ricercatori ed esperti di tutto il mondo hanno denunciato i danni che procurano gli allevamenti intensivi di salmone, all’ambiente, all’acqua, alle risorse ittiche e all’ecosistema dei fondali marini.
Decine di migliaia di salmoni d’allevamento confinati nelle reti producono una quantità enorme di rifiuti: chimici, biologici, organici e inorganici.

Il problema principale è che i reflui degli allevamenti intensivi non vengono mai lavati via, ma si lasciano cadere attraverso le reti; si depositano così nel fondale tonnellate di escrementi e rifiuti.
Il risultato è che i salmoni che dal supermercato finiscono sulla nostra tavola hanno prima sguazzato in una zuppa di muco ed escrementi, alimentando così le mutazioni di agenti patogeni.

“Si dovrebbe evitare il salmone di allevamento come la peste”. Questo è quanto afferma uno scienziato statunitense dopo un studio sugli allevamenti intensivi. I risultati dello studio rivelano che il 95% dei salmoni che compriamo e poi mangiamo proviene da allevamenti intensivi dove verrebbe sottoposto ad una colorazione artificiale – inserita direttamente nel mangime dei pesci – per renderlo più simile nell’aspetto al salmone selvaggio.

Il Render Magazine ha riportato che in alcuni casi i mangimi per i salmoni da allevamento potrebbero contenere proteine derivate da sottoprodotti di origine animale, soprattutto provenienti da suini.
Inoltre, la sostenibilità di questi allevamenti è parecchio inefficiente: per ottenere un kg di salmone ne servono almeno 5 di altri pesci – il che sta portando all’estinzione di molte specie. Proprio dove ci sono allevamenti di salmoni intensivi si è, infatti, registrato un drastico calo di salmoni selvatici.

I medici norvegesi hanno anche sconsigliato alle donne incinte di evitare di mangiare salmone a causa delle tossine contenute in quelli da allevamento intensivo. Sostanze conosciute per provocare danni allo sviluppo del cervello nei bambini.

Migliaia di persone mangiano il salmone sicuri che faccia bene alla salute, che sia ricco di Omega 3, vitamine e sali minerali, e che sia povero di calorie. Non è così, ed è bene saperlo.

[Credit: ciboecibo.it]

Il latte fa male alle salute, a dirlo sono i nutrizionisti di Harvard

Siamo cresciuti con l’idea che il latte faccia bene soprattutto alle ossa perché contiene del calcio, ma da alcune recenti ricerche fatte dai nutrizionisti dell’Università di Harvard sembrerebbe non essere così. Secondo questo studio, infatti, il latte consumerebbe una percentuale maggiore di calcio rispetto a quella che dà.

Date le ricerche, il latte contiene alcune proteine acide di origine animale che per essere smaltite tendono a consumare una gran quantità di calcio, ciò può portare all’osteoporosi. Di conseguenza il nostro scheletro potrebbe andare incontro ad una notevole perdita di massa ossea e sarà soggetto a fratture patologiche.

Ciò però non pare essere un problema per i più piccoli, o almeno fino allo svezzamento. Difatti il latte, in particolare quello materno -che si consiglia di dare almeno fino ai sei mesi di vita- è di fondamentale importanza nell’alimentazione dei bambini, in quanto è costituito da precise percentuali di macronutrienti, quali lo zucchero, proteine e grassi, che favoriscono la produzione dell’ ormone della crescita necessario per ogni bambino.

Per quanto riguarda gli adulti si consiglia di moderare il consumo di latte (qualora se ne abusi) e di far ricorso ad altri alimenti, come le verdure, per compensare il consumo di calcio.
Inoltre, secondo le ricerche Healthy Eating Plate, i latte e i suoi derivati (i formaggi) contengono un alto tasso di grassi saturi che, oltre a provocare l’aumento del peso, potrebbero causare nel tempo lo sviluppo di malattie quali il cancro alla prostata e alle ovaie.

Per il mondo vegano, che è sempre in prima linea per i diritti degli animali e contro qualsiasi tipo di maltrattamento loro imposto, questa è una bella notizia al contrario degli onnivori che hanno prontamente risposto che si tratta di una trovata per condurre l’uomo a praticare una dieta vegana.
Che sia vero o meno, i medici consigliano di non eliminare del tutto il latte dalla propria alimentazione ma di diminuirne il consumo.