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Scrittrice e blogger italiana, Daniela Farnese ha appena pubblicato il suo quarto libro, che è già negli scaffali più in vista di tutte le librerie. La sua prima opera è stata una saggio: “101 Modi per far soffrire gli uomini (siate stronze, siate cattive, siate spietate)”, pubblicato nel 2011, e subito, l’anno successivo è uscito il suo primo libro dal successo internazionale: “Via Chanel N° 5”.

Simpatica, gentilissima e stra divertente, Blog di Lifestyle ha avuto l’occasione di intervistare Daniela Farnese. Ecco cos’abbiamo scoperto di lei.

Ciao Daniela, come sei approdata al mondo della scrittura?

Che bella domanda. In realtà ho sempre scribacchiato ma non ho mai avuto un libro nel cassetto. La parte più impegnativa della scrittura per me è stato il momento in cui ho deciso di aprire un blog ormai 11 anni fa; era un gioco visto che erano ancora sconosciuti e non ce n’erano molti. E niente, poi è diventata un’abitudine quotidiana, chiacchieravo, postavo. Era diventato uno strumento conversazionale, e quella era diventata la mia pratica abituale con la scrittura. I libri poi sono arrivati abbastanza dopo, ho collaborato con qualche rivista, scrivevo dei pezzi, qualche racconto, e poi appunto non ho mai avuto un libro nel cassetto; finché l’editore non mi ha scovata sul blog e mi ha chiesto se avevo voglia di scrivere un libro dal titolo divertente. E da li è nato il primo libro, ma se non fosse stato per lui che me lo veniva a chiedere, conoscendomi e conoscendo la mia pigrizia non l’avrei mai fatto. Anzi è stato anche molto fondamentale avere una data di scadenza, di consegna che mi stimolava a finire il lavoro.

C’è un rito particolare che fai quando devi scrivere? Scrivi in un preciso momento della giornata o non hai regole a riguardo?

Io scrivo soprattutto nel pomeriggio tardo, perché la mattina sono KO, assomiglio a una specie di manichino appoggiato sulla sedia. Il mio momento d’oro di solito è dalle 3 alle 4 in poi: mi preparo il mio caffè, nella mia tazza, che è sempre quella, e comincio a scrivere. Poi diciamo che sono abbastanza poco bukowskiana, perché per scrivere non devo bere, non ci deve essere musica, né silenzio assoluto. Salvo con l’ultimo romanzo che ho un po’ cambiato abitudini per cambiare prospettiva, e sono andata a scriverlo in una libreria-caffè di Milano molto carina. E quindi qualche giorno l’ho passato lì, nella confusione, con un brusio di sottofondo che era molto stimolante. Sempre con il caffè a portata di mano.

Si parla spesso di “blocco dello scrittore”. Ti è mai capitato di aver ostacoli nella stesura dei tuoi libri?

Non mi è mai capitato di non averli, diciamo così. L’ultimo anno ad esempio è stato tutto un blocco. Ho avuto in mente un sacco di idee, e fin da subito non ho voluto fare il terzo libro dei romanzi Chanel perché mi piaceva l’idea che fosse finito con quel lieto fine totale. Quindi ho deciso di fare una storia diversa, e lì c’è stato un attimo di grande blocco, a livello d’ispirazione: avevo tantissime storie ma non me ne convinceva neanche una, quindi ogni settimana cambiavo idea.

C’è un momento preciso in cui è nata l’idea di “A noi donne piace il rosso”?

L’idea mi è venuta al Vinitaly con delle amiche. Erano un paio d’anni che non ci andavo e incontrare vecchi conoscenti e produttori è stato un momento molto carino perché ci dicevamo “altro che settimana della moda, questo è il vero cuore italiano”, “che bello sarebbe vivere di vino”. E allora io mi sono detta, “perché non scrivere qualcosa che parli di vino?” poi è stato bello perché dopo che mi è venuta questa idea avevo l’impalcatura della storia, ma poi dovevo assolutamente studiare, perché raccontare la terra, le vigne, il lavoro era una cosa di cui dovevo documentarmi. Ho ripreso in mano tutti i contatti che avevo di qualche anno fa nell’ambiente del vino e ho chiesto di farmi vedere, ospitarmi. Mi sono fatta due mesi meravigliosi in giro per le cantine e le vigne d’Italia, ed è stata un’esperienza bellissima, nonostante io sia ingrassata di quattro chili. Ma la verità è che se non assaggi non puoi scrivere.

Amore, moda e vino sono parole chiavi dei tuoi libri, è così anche per la tua vita reale?

Non dimentichiamoci il caffè. Comunque si, sono cose che mi piacciono abbastanza. Della moda sopratutto le scarpe, perché soffro molto il problema del rimanere in linea, visto che sono una buona forchetta. Per questo amo le scarpe: non ti fanno mai sentire grassa, hai sempre la stessa taglia, ti stanno sempre bene; e quindi compro una marea di scarpe. Poi a differenza degli altri romanzi e del manuale, questo libro l’ho scritto in un momento particolarmente felice, perché sono innamorata. L’unico grande problema a riguardo è che il mio ragazzo è astemio.

Ci elenchi tre motivi fondamentali per cui la popolazione femminile dovrebbe assolutamente leggere il tuo libro?

Sicuramente perché è una bella storia, perché insegna a non avere paura del tempo, ed è una cosa che spaventa tutte le donne, non solo quelle giovani ma anche quelle che sono un po’ più agée, e poi perché non fa ingrassare.

Quanto c’è di tuo nei personaggi di Rebecca e Ambra?

In realtà molto poco in entrambe. La cosa che abbiamo in comune io e Rebecca è il fatto che lei aveva bisogno di ritrovare se stessa, e in questo, in quel determinato periodo della mia vita, era molto simile a me. E poi c’è ovviamente la fissa per le scarpe. Ambra invece vive sempre connessa, ha questa sindrome perenne di femme prodige e le sembra di perder tempo continuamente, deve fare tutto in fretta. Questa credo che sia l’unica cosa che io a Ambra abbiamo in comune.
Non sono personaggi autobiografici, ma nella storia c’è molto di mio, più nei personaggi minori come le amiche di Ambra che sono molto sarcastiche, in loro mi ci rivedo molto. Ecco, io sono sempre l’amica delle mie protagoniste.

Quando hai pubblicato il tuo primo libro, ti aspettavi tutto questo successo?

No. Anche perchè non pensavo di essere portata per scrivere libri rosa. Essendo stata sempre molto cinica pensavo di non poter proprio scrivere d’amore. Invece mi sono resa conto, soprattutto con il blog, che quando ti capita la classica batosta d’amore, la prima cosa che fai è quella di lanciare messaggi e parlare di questa situazione. E la cosa pazzesca è che non solo moltissime ragazze si sono riviste nelle mie parole e nel mio percorso doloroso, ma che tutte avevano una storia da raccontare.

Come vivi il rapporto social con i tuoi lettori?

Benissimo, mi diverto molto. Poi tra l’altro è bello perché io avevo dei lettori, prima che uscissero libri, che mi seguivano sul blog, molto più satirico, ed è stato strano per loro vedermi pubblicare questi libri.

Hai mai pensato di creare una pagina Facebook per dividere la tua vita privata dalla tua vita da scrittrice?

In realtà no. Ci ho pensato e ne ho anche discusso con l’ufficio stampa, però in effetti da quando ho aperto un blog la mia vita privata e quella online si sono fuse. Con il blog mi ero già costruita un nickname e un entità parallela, che mi hanno permesso di essere me stessa in tutti i momenti. Quindi io non soffro assolutamente la mancanza di privacy, perché molta parte della mia vita l’ho vissuta mettendo tutto in rete. È ovvio che sono però diventata molto brava a filtrare le informazioni che voglio dare.

Lettura e scrittura sono pane quotidiano per chi fa, o aspira a fare, un lavoro come il tuo. Ma contano in egual modo? Cosa serve maggiormente per arrivare al successo?

Bisogna leggere molto di più di quanto si scrive. L’ho scritto anche in un tweet una volta “Non capisco perché tutti vogliono scrivere, quando la cosa più bella da fare con i libri è leggerli”. Secondo me per riempire il tuo immaginario, per dar vita alla tua fantasia, per essere bravo, bisogna leggere moltissimo. Il grande limite oggi è che tutti hanno nel cassetto un libro autobiografico, perchè tutti ovviamente trovano estremamente interessante la propria vita. In generale, più che pensare alla propria vita e mettersi giù a scrivere, bisogna leggere tanto delle vite degli alti, inventate o meno.
Prima di provare a scrivere bisogna leggere tanto, e poi leggere ancora.

Progetti per il futuro? Qualche nuova storia d’amore che ci lascerà senza fiato?

Spero di si. In quest’anno sabbatico ho raccolto fin troppe idee, e sto cercando di scaglionarle per poterle portare a analizzare bene. Ma almeno un paio le porterò a termine sicuramente. E poi chissà, non ho ancora pensato se fare un seguito di “A noi donne piace il rosse”. Vediamo.

Saluti i nostri lettori suggerendo loro 3 libri che devono assolutamente leggere?

Allora, sicuramente “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez, è un buon libro con una storia che mi piace molto. Un altro libro che consiglio sempre a tutti è “Trilogia della città di kappa”, di Kristof Agota. E poi uno dei miei libri preferiti dall’epoca adolescenziale è “Una solitudine troppo rumorosa” di Bohumil Hrabal: la sua scrittura è molto onirica, ma sembra quasi la scrittura di un pazzo alcolizzato, però i suoi libri sono veramente molti belli e hanno un immaginario molto forte. Poi soli 3 libri sono pochi, leggete qualsiasi cosa: se è scritta bene vale la pena di leggerla.
Grazie e buon lavoro.

Grazie a te