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La bizzarra vicenda pare quasi surreale ma, purtroppo, è la triste realtà. Nicola Thorp, una ragazza inglese di ventisette anni, è stata rimandata a casa, nel suo primo giorno di lavoro, senza stipendio. Il motivo? Si era presentata in ufficio senza scarpe con i tacchi.
La giovane ragazza oltre al lavoro di attrice, ed altri impieghi temporanei, aveva deciso di intraprendere questa nuova occupazione come receptionist presso Pwc (PricewaterhouseCoopers), una delle aziende più importanti al mondo, che fornisce servizi di revisione di bilancio, consulenza legale e fiscale, con sedi in 158 Paesi.

“Mi hanno chiesto di andare a comprare delle scarpe con un tacco di 10 centimetri, oppure di tornarmene a casa. Mi hanno detto che le scarpe basse non fanno parte del loro dress code per le donne. Quando ho replicato che i miei colleghi uomini indossavano scarpe basse, mi hanno riso in faccia”, ha affermato la stessa Nicola. Ma non è tutto. Dopo questo, la ragazza, ha deciso di rivolgersi a un’associazione che si occupa di diritti dei lavoratori, ottenendo come risposta: “Le aziende hanno il diritto di imporre un dress code formale sul posto di lavoro”. A questo punto ha lanciato una petizione al Parlamento britannico e una campagna social, per cercare di impedire che quello che è successo a lei possa accadere anche ad altre donne.
Nella petizione si chiede di modificare la normativa vigente, in modo che “sia dichiarato illegale da parte delle aziende richiedere che le donne indossino scarpe con i tacchi alti”.

In pochissimo tempo sono arrivate oltre 100mila adesioni, sufficienti per far si che la petizione venga discussa in Parlamento.
Anche sui social è partita una campagna, a supporto della sua battaglia, che in realtà coinvolge tante donne. L’hashtag è #myheelsmychoice, ovvero i miei tacchi sono una mia scelta. E dalla Pwc, l’azienda che ha fatto scatenare la polemica, è arrivata la risposta alla campagna con una nota nella quale annuncia di essere pronta a “rivedere le linee guida” rispetto al dress code aziendale.
“Una donna deve avere il diritto di decidere se indossare i tacchi oppure no, in base a quello che è più comodo o pratico rispetto alla mansione che deve svolgere”, conclude Nicola.