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Dalla Regione Lombardia è stato dato il via libera per l’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico, andando così a raggiungere le altre dieci regioni italiane -tra le quali Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Sicilia e Veneto- che in questa materia si sono già rese attive da diversi mesi, oltre ad aver emanato delle leggi regionali su misura.

L’indicazione su questo nuovo obiettivo si trova nelle Regole di sistema, ovvero l’insieme di norme emanate dalla Lombardia per il problema sanitario nel 2016. Quest’indicazione, in particolare, accoglie un decreto del ministero della Salute dello scorso anno: in esso si individuano cinque tipi di patologie per le quali i farmaci contenenti i principi attivi della marijuana potranno essere usati a scopo terapeutico. Importante il fatto che i pazienti non dovranno pagare alcuna quota, il tutto verrà rimborsato dal servizio sanitario regionale.

Ma quali sono le patologie indicate nel decreto? La cannabis potrà essere usata per curare più di 80 mila persone che in Lombardia soffrono di dolore cronico e spasmi. In particolare, le cure sono permesse a chi è soggetto alla sclerosi multipla e a chi da lesioni al midollo spinale, oltre che per l’anoressia e la sindrome di Tourette, che causa movimenti involontari. Ma non è tutto: la cannabis potrà essere anche un’alleata ai pazienti che si sottopongono a chemioterapia, radioterapie e terapie per l’Hiv, ma che purtroppo non sono più in grado di combattere i loro effetti collaterali con normali farmaci.

Perché tutto questo inizi, però, bisognerà attendere la “disponibilità del prodotto da parte del ministero della Salute alle Regioni“, o meglio, quando arriverà il primo carico di marijuana prodotto dal ministero: il decreto, infatti, stabilisce che la cannabis terapeutica sia prodotta a Firenze. Il progetto prevede la coltivazione di 100 chili di cannabis da parte dell’Istituto farmaceutico militare e non più l’importazione dall’estero, in particolare dall’Olanda. Tutto ciò permetterà di abbassare i prezzi e far partire i rimborsi.

Per quanto riguarda la Lombardia, poi, la ricetta del medico -che non avrà il nome del paziente per ragioni di privacy- farà sì che chi si sottoporrà a questa cura possa accederci solo in ospedale, ma senza pagare nessuna quota. Al contrario, le cure a domicilio, che avranno un maggior numero di restrizioni, rimarranno a pagamento, almeno per ora.