#NotInMyName (non in mio nome) è il messaggio che i musulmani vogliono trasmettere in tutto il mondo, di risposta alla guerra mediatica che li sta coinvolgendo in seguito all’attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo, a Parigi. Lo fanno su Twitter con un hashtag #NotInMyName, appunto.
In occasioni come queste è facile cadere nell’errore di generalizzare, condannare un intero popolo, una comunità, una religione.

L’intendo di questa campagna da parte dei musulmani è quello di prendere distanze da quanto accaduto nella capitale francese da parte di due miliziani dell’Isis in nome dell’Islam.
“Hanno usato il nome di dio e del profeta per giustificare l’ingiustificabile” ha dichiarato un’afro-europea musulmana.

Persone stanche di essere associate a gente che uccide, stupra, violenta e sputa sui valori democratici in nome di una religione che nulla prevede di tutto ciò.
Da qui nasce questa raccolta di foto e la voglia di difendere il proprio culto da parte di comunità islamiche integrate in Occidente, che rispettano i valori di pace e democrazia su cui l’Europa si fonda. E si trovano, oggi come ieri, a difendersi da chi li reputa responsabili di un’atrocità simile senza appurare quanto nulla ci sia di fondamento.

“A ogni disgrazia cresce il mio senso di ansia e di frustrazione. A ogni attentato vorrei urlare e far capire alla gente che l’islam non è roba di quei tizi con le barbe lunghe e con quei vestiti ridicoli. L’islam non è roba loro, l’islam è nostro, di noi che crediamo nella pace. Quelli sono solo caricature, vorrei dire. Si vestono così apposta per farvi paura. È tutto un piano, svegliamoci.
Per questo dico che mi hanno dichiarato guerra. Anzi, ci hanno dichiarato guerra.
Questo attentato non è solo un attacco alla libertà di espressione, ma è un attacco ai valori democratici che ci tengono insieme. L’Europa è formata da cittadini ebrei, cristiani, musulmani, buddisti, atei e così via. Siamo in tanti e conviviamo.”
Questo il pensiero di una giovane musulmana francese riguardo la strage dei fratelli franco-algerini.

Un gruppo di ragazzi musulmani, a Milano, ha bruciato la bandiera dell’Isis per gridare a gran voce il proprio “NO” alla violenza e alla guerra in nome della loro religione, altri hanno aderito a questa campagna sperando in una reazione diversa da parte del resto del Mondo. Ma forse non basta e non basterà mai.

“È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”