Non c’è giorno migliore dell’8 Marzo, giornata internazionale della donna, per ricordare le imprese di grandi Donne, che mantengono alto il nome dell’Italia nel mercato internazionale, esattamente come farebbe un uomo. Questa precisazione dovrebbe risultare superflua, ma non lo è, ancora.

Eppure Paola Marzario non si è fatta abbattere dalle difficoltà che una donna, in quanto tale, deve affrontare per affermarsi nel mondo del lavoro. Nonostante la sua giovanissima età, 35 anni, Paola Marzario è la fondatrice e l’amministratore delegato di una delle startup in rosa più promettenti degli ultimi tempi: la Brandon Ferrari, che accompagna e supporta le aziende italiane nel mercato e-commerce. Si tratta di un distributore online che seleziona i brand italiani noti o ad alto potenziale e gestisce per loro le campagne di vendita sui siti di e-commerce nel mondo.
Fondata nell’agosto 2012, Brandon Ferrari nel 2013 raggiunge un fatturato di 2,7 milioni di euro. E la previsione per il 2014 era di 4 milioni di euro. Risultati, questi, che la spingono nella top 10 delle 35 start up milionarie d’Italia, secondo i dati del Registro delle Imprese Innovative.

Paola Marzario: ecco la mia startup da 4 milioni di euro (FOTO)

Qual è il segreto di Paola? “L’idea è nata dopo aver individuato un’esigenza di mercato da colmare. In Italia l’e-commerce è ancora un settore poco esplorato: nel 2013 solo il 16% delle aziende italiane ha venduto online, rispetto a una media europea del 35%” racconta la Marzario a Economyup. “Eppure nel 2013 le ricerche legate al Made in Italy su Google sono cresciute del 12% rispetto all’anno precedente. In Italia più cresce la maturità digitale più aumenta la percentuale di aziende che esportano: vende all’estero il 67% delle imprese digitalizzate contro il 55% di quelle non attive sul web” spiega ancora l’imprenditrice. “Nel 2012 i dati erano ancora più bassi, da qui l’idea di colmare un’esigenza del settore. Nasce così Brandon Ferrari: il nome è un mix tra il mondo di internet e quello del made in Italy: abbiamo scelto, dunque, un nome prettamente americano, Brandon, con uno rappresentativo del nostro Paese, Ferrari. Non solo. Se stacchiamo la parola Brandon in Brand on, il risultato è Brand on Ferrari, che significa il brand che corre in Ferrari, un’allusione all’e-commerce e al made in Italy”.

“Ci sono cinque requisiti essenziali che un’azienda deve possedere per entrare nel mercato e-commerce: propensione allo sviluppo e al cambiamento, una produzione rapida e veloce o un magazzino in pronta consegna, una logistica efficiente, la precisione nel rispetto delle tempistiche e ultima, ma fondamentale per affrontare tutto il percorso, deve credere nel mercato online conclude l’imprenditrice.

Ma questa per Paola Marzario non è la prima sfida vinta con successo. Ad appena 20 anni, ancora studentessa della Bocconi, fondò ItaliaCasting, una società in grado di unire domanda e offerta per l’organizzazione di eventi e casting. Da vera esperta del settore, l’A.D. di Brandon Ferrari spiega quali sono secondo lei i due problemi principali in Italia: “uno riguarda direttamente gli startupper, l’altro il sistema Paese. Lo startupper italiano è spesso egocentrico e pieno di sé. Non accetta consigli, non vuole delegare e non capisce che per fare startup serve un team. Io mi sono sempre circondata di gente che ne sa più di me ed è esperta in settori diversi dal mio.

Non a caso, molte persone che lavorano con me hanno uno stipendio più alto del mio. Il secondo problema è che in Italia fare startup è una condizione che appartiene ai privilegiati: fai startup se sei mediamente ricco, non hai problemi economici, hai una famiglia alle spalle che ti può permettere di non prendere uno stipendio sicuro a fine mese.
Questo perché la maggior parte dei bandi per startup in Italia si basa su un meccanismo perverso secondo il quale per partecipare bisogna già avere un budget a disposizione ed essere incubati. Gli incubatori sono importanti, ma sono ancora troppo pochi”
, dichiara ancora al giornale romano.

Non solo, Paola può anche definirsi una rappresentante delle mamme in carriera. Si, perché da qualche mese ha dato alla luce Massimo, suo figlio, che porta con sé in ufficio perché spera che, “crescendo a latte e tecnologia, da grande diventi anche lui uno startupper”. Quello che spesso si sottovaluta è la difficoltà di conciliare due lavori, quello professionale, in ufficio e quello biologico, di mamma. È molto più difficile crescere un figlio che fondare una startup. Ma un figlio vale molto di più di 100 startup e non c’è exit che possa darti una soddisfazione pari a quella di un bambino. Prima la mia vita era business e solo business, ora è lui che comanda tutto. Ma questo è uno dei privilegi di una mamma startupper: portare tuo figlio in ufficio, lasciarsi aiutare dai collaboratori, allattare e lavorare contemporaneamente”

Non c’è un attimo di tregua per questo giovane talento rosa made in Italy, che non vuole fermarsi qui. “Quando arriverà il momento giusto, venderò questa startup e poi farò la business angel. Il mio sogno è aiutare i giovani che hanno grandi idee a realizzarle”.

Buon 8 Marzo a tutte.