credits: www.tpi.it

Se in Italia la primavera si festeggia con magliette a maniche corte, gelati che sostituiscono imparagonabili lasagne del cenone di Capodanno, vento non freddo tra i capelli, stivali accuratamente messi a riposare nella scarpiera -anche se l’anno prossimo non ci piaceranno più e li butteremo. Se in Italia la primavera è aspettata più o meno con la stessa ansia con cui Leonardo DiCaprio ha aspettato di vincere l’Oscar, se succede tutto questo con la stagione dei fiori, un po’ più a Est, nell’Estremo Oriente e più precisamente in Giappone, l’arrivo primavera si festeggia ammirando la bellezza senza età degli alberi di ciliegio.

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Il “Sakura”, che in italiano vuol dire “fiore di ciliegio”, è uno dei più importanti simboli del Giappone. Con l’arrivo della bella stagione, rispettando una trazione millenaria, i Giapponesi festeggiano con rilassanti picnic l’“hanami”, la festa dei fiori. E no, non siamo ritornati agli anni degli hippie e delle fascette sulla fronte, ma la storia parla chiaro: i fiori di ciliegio in terra nipponica sono proprio un segno di buon auspicio e di eccelsi valori come la purezza e l’onestà.

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In primavera, e questo accade proprio in ogni parte del Pianeta, senza limiti geografici, lungo ogni meridiano e attraverso tutti i paralleli, la natura torna a vivere. Il verde torna a essere verde, i fiori diventano di nuovo colorati e gli uccellini tornano a cinguettare. Gli alberi di ciliegio con i loro fiori tanto chiari quanto belli, sono così amati in Giappone, che, non appena sono tutti fioriti, riunirsi nei numerosi parchi del Paese e fare picnic che possono anche durare fino alla notte, è un obbligo. Quest’ultima tradizione, di prolungare eccessivamente i picnic all’ombra dei ciliegi, prende il nome di “Yozakura”, che in italiano vuole significare “notte del ciliegio”.

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Se è vero che tutto il Mondo è paese, il fatto che anche in Italia si festeggi l’hanami ne è una chiara dimostrazione. A Roma, infatti, al laghetto dell’EUR esiste un parco con numerosi ciliegi giapponesi che non attendono altro che essere contemplati.