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Hermann Hesse disse: Gran parte dei nostri sogni li viviamo con assai maggiore intensità della nostra esistenza da svegli.

Un’affermazione che è riuscita a trovare un suo fondamento anche nel campo della scienza. Uno studio di Caroline Horton della Leeds Metropolitan University in Gran Bretagna ha infatti rivelato come le manifestazioni oniriche vengano vissute con più intensità e diventino più bizzarre mano a mano che la notte avanza.

I 16 volontari che si sono prestati per due giorni all’osservazione dei ricercatori, sono stati svegliati 4 volte nel corso di una notte e ad ogni risveglio gli studiosi hanno chiesto loro di raccontare i sogni fatti.

Il risultato è stato che mano a mano che ci si addentrava nel cuore della notte, più la trama delle proprie rappresentazioni oniriche diventava complessa e ingarbugliata, con caratteristiche sempre meno affini al mondo reale e sempre più collegate a quello della fantasia.

Coloro che dormono soltanto poche ore al giorno presentano la peculiarità di fare sogni brevi, con trame lineari e collegamenti logici semplici. I “dormiglioni” invece si caratterizzano per i complessi intrecci delle proprie produzioni oniriche, che spesso risultano essere strambe e confusionarie.

Non solo: nel cuore della notte il sogno – complicato e aggrovigliato – viene vissuto da chi lo crea con una maggiore intensità di sentimenti ed emozioni rispetto invece a chi di dormire molte ore proprio non vuole saperne.

Una domanda sorge però spontanea: se “i sogni son desideri” – come diceva una famosa melodia – i sogni fatti nel cuore della notte saranno desideri inconsci o al quadrato?