Si dice che gli uomini preferiscano le donne formose: seni prosperosi, fondoschiena abbondanti, fianchi armoniosi. Fin qui, niente di nuovo. Il vero problema sta, piuttosto, nel convincere le donne che di carne “più ce n’è meglio è”. Negli ultimi anni, qualcosa sembra essere cambiato in questo senso: si è incominciato ad accettare il fatto che non c’è alcun bisogno di digiuni o di sudate estreme da esercizi auto-flagellanti per raggiungere un ideale di magrezza impossibile.

L’adorazione planetaria per icone femminili del calibro di Monica Bellucci, Kate Winslet o Beyoncé è un chiaro indice di questa inversione di tendenza che ha finalmente rinnovato il gusto estetico, portando ad apprezzare di nuovo un corpo femminile sano.

Una ragione in più per biasimare quei settori dell’industria della moda in cui persiste, ottusa, l’idea secondo cui se una donna non è al di sotto della 42 non può rientrare nel canone di bellezza socialmente accettabile. Spesso, infatti, le collezioni che vanno sotto la dicitura di “taglie forti” partono dalla 44 per arrivare alla 56: sì, proprio dalla 44, una misura di ben due taglie al di sotto della media.
Ne consegue che, inevitabilmente, una donna che indossa una taglia 44 si sente il più delle volte stigmatizzata, considerata come un’acquirente al di fuori dalla norma, costretta a scegliere entro una limitata categoria di prodotti specifici – una marginalizzazione che, naturalmente, più che invitarla all’acquisto la demotiva.

Alla luce della reale corporeità femminile, i rivenditori d’abbigliamento dovrebbero, in effetti, rivedere accuratamente le loro categorizzazioni: una taglia 44 non può essere definita una “taglia forte”, ma neanche le 46 o le 48 possono essere considerate tali. Si tratta, semplicemente, di taglie normali. Ma i negozi, invece, continuano a esporre modelli che soltanto una 36 potrebbe calzare, nella totale noncuranza di una considerevole fetta di clienti che viene, in tal modo, non solo trascurata ma anche denigrata.

Eppure, portare una 36 è davvero così comune? Non più di quanto non lo sia essere una 48. E se, tempo addietro, alcuni negozi sono stati criticati per aver incoraggiato la clientela a metter su peso esponendo abiti large, bisogna anche ammettere che nemmeno avere a disposizione le sole misure S incita al dimagrimento. Di questi tempi, in questo mondo, far sentire a disagio una donna per via della sua taglia è davvero intollerabile e, soprattutto, anacronistico: è ormai un dato di fatto che tutte le donne occidentali stanno crescendo, stanno diventando più alte, stando prendendo forme più procaci. Un dato che le industrie della moda non possono più permettersi di continuare a ignorare: perché le donne di oggi e di domani, di tutte le taglie e di tutte le misure, non debbano più essere sottoposte a giudizi, nemmeno a quelli di un’etichetta.